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Le fatiche d'India

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In spite of availability of adequate rest period prior to the flight, the Captain was in prolonged sleep during flight, which could have led to sleep inertia... così recita il rapporto finale della commissione di inchiesta sul volo IX 812, precipitato a Mangalore un anno fa.

“Nonostante la disponibilità di un adeguato periodo di riposo prima del volo, il comandante ha dormito a lungo durante il volo, cosa che può aver causato...”

Già, causato cosa? Quella che gli esperti in materia chiamano sleeping inertia, e che nella vita di tutti i giorni ciascuno di noi ha sperimentato dopo aver dormito per un periodo abbastanza lungo da passare alla fase di “sonno profondo, ma comunque non tanto da completare uno (o più) cicli completi di sonno: in parole povere, un senso generale di sonnolenza, accompagnato da un leggero stato confusionale e da una inconsueta lentezza di riflessi: insomma, il classico “imbambolamento” da sonno mal goduto.

Se si vanno a leggere attentamente le registrazioni del Cockpit Voice Recorder nelle ultime due ore di volo (tale è la capacità dell'apparato) si scopre infatti che fino a 25 minuti prima dell'atterraggio il comandante era profondamente addormentato, e infatti l'unica voce che risuona in cabina è quella del suo copilota impegnato nelle normali comunicazioni via radio con gli enti di controllo, ivi compresa un'iniziale richiesta di discesa; richiesta alla quale i controllori non hanno potuto dar seguito a causa dell'indisponibilità temporanea del controllo radar.

Poco più avanti però, dopo il risveglio del comandante e a discesa ormai iniziata, il CVR coglie un altro rumore “strano”: un profondo sbadiglio del copilota. Non è un indizio di poco conto, visto che in quella fase, con l'aereo impegnato in una discesa abbastanza pronunciata nel tentativo (peraltro infruttuoso, come gli eventi hanno dimostrato) di andare a stabilizzarsi su una traiettoria idonea a un sicuro atterraggio, gli stimoli esterni avrebbero dovuto contribuire a mantenere ben sveglio il copilota.

Quello sbadiglio ha in realtà una sola spiegazione: anche il copilota era stanco. Evidentemente il volo di andata e ritorno tra Mangalore e Dubai, svolto completamente di notte, ha posto l'equipaggio del volo di Air India Express di fronte a un compito che definire arduo è poco.

Come lo stesso rapporto finale della commissione di inchiesta riconosce, il fatto che il periodo di servizio e di volo andasse a sovrapporsi alla famosa “finestra del ciclo circadiano inferiore”, definito con la sigla WOCL (Window of Circadian Low), ha senz'altro contribuito a peggiorare la situazione.

Dal punto di vista regolamentare, la turnazione del volo in oggetto rispetta i limiti stabiliti dalle autorità indiane, che per i voli internazionali condotti di notte prevedono un massimo di 9 ore volate per un servizio totale di 12 ore. Il tempo di volo previsto quella notte era tuttavia molto vicino al limite (8 ore e 40 minuti), con un tempo di servizio totale (comprensivo della preparazione del volo a Mangalore e del transito a Dubai) di circa 11 ore.

Incidentalmente, i limiti previsti dalla regolamentazione indiana, come appare da uno studio recentemente pubblicato dal dr. Nazim Zaidi per conto della Direzione Generale dell'Aviazione Civile indiana, sono sostanzialmente simili a quelli proposti recentemente dalle autorità europee, contro i quali le organizzazioni dei piloti (forti dello studio condotto dall'agenzia Moebus) si stanno in questi mesi mobilitando.

In questo, come in molti altri casi, ci si interroga sulla diversa interpretazione del concetto di “limite” nel campo dell'aviazione: la cultura professionale aeronautica tende a interpretare il “limite” come qualcosa da cui tenersi a debita distanza, mentre quella imprenditoriale ha piuttosto la tendenza a considerarlo come una mera regolamentazione, una cosa che si può rasentare tranquillamente, tanto “la legge lo consente”.

Purtroppo, quando si parla di volo, preoccuparsi della pura e semplice aderenza a regolamentazioni concepite a tavolino (magari con un occhio di riguardo alle necessità economiche degli operatori del settore) è una pratica che può rivelarsi tragicamente letale.

Troppe sono le variabili in gioco, e la posta del gioco è costituita da vite umane: in America stanno cominciando a rendersene conto... in altre parti del mondo, a cominciare dall'India e dall'Europa, ancora no. E anche su questo dovremo tornare presto.

(7 maggio 2011)

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