Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

2011: fuga da Alitalia

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Quarantatreesima puntata del dossier Alitalia CAI, per gentile concessione di Felice Saulino www.felicesaulino.it
Berlusconi in crisi, patrioti in fuga... e adesso, povera Alitalia?

Adesso che il governo “amico” rischia di essere travolto dalla sconfitta del sindaco Moratti e dalla perdita di Milano, adesso che le elezioni politiche anticipate in autunno diventano altamente probabili, adesso che Berlusconi sembra arrivato veramente al capolinea, anche il destino della cordata patriottica sembra segnato.

D’altra parte, non è un mistero per nessun addetto ai lavori che alcuni soci siano, e da tempo, preoccupati per i risultati della compagnia di bandierina che continua a perdere soldi. Quasi mezzo miliardo di nei primi due esercizi (2009 e 2010) e quasi novanta milioni bruciati nel primo trimestre di quest’anno.

Inossidabili, come sempre, Colaninno e Sabelli continuano a ripetere che il 2011 sarà l’anno del pareggio operativo della società, ma ormai nessuno ci crede più. Perché i fatti smentiscono ampiamente questa ipotesi. Nonostante un massiccio taglio dei dipendenti realizzato grazie all’ennesimo regalo del governo, nonostante tutte le misure adottate da Sabelli per ridurre i costi all’osso, la compagnia non è mai riuscita a decollare. Anzi, è riuscita a chiudere in rosso perfino il bilancio 2010, anno in cui tutti i concorrenti sono tornati in attivo.

Adesso, poi, c’è l’aumento del prezzo del petrolio, con tutto ciò che ne deriva. Intanto, il ricavo medio per passeggeri trasportati è sceso a 110 euro, il riempimento degli aerei è tornato a scendere finendo sotto di ben otto punti alla media dei principali vettori europei, e l’indebitamento finanziario continua a crescere.

È chiaro che in questa situazione, senza la protezione di Berlusconi e del governo “amico”, per molti azionisti diventa difficile reggere fino alla scadenza del 12 gennaio (il divieto di vendita delle azioni fuori dalla cordata). Il capitale investito non rende nulla. Anzi, la partecipazione in CAI si svaluta di mese in mese e l’indebolimento di Berlusconi rende difficile l’incasso delle compensazioni fatte balenare ai patrioti tre anni fa sotto forma di appalti, canoni, concessioni pubbliche e favori vari.

E così molti patrioti sono entrati in fibrillazione già prima delle ultime elezioni amministrative e della botta elettorale subita dal Cavaliere a Milano e altrove. Oltre a quello dei Fratini, che se ne sono appena andati, si parla da tempo dei mal di pancia di grandi e piccoli soci CAI. A cominciare da Riva, il primo azionista, e dalla famiglia Benetton, per scendere ai soci più piccoli come i napoletani Carbonelli, D’Angelo, D’Avanzo e il comasco Maurizio Traglio.

La fuga dei patrioti Alitalia è cominciata alla vigilia della Caporetto di Berlusconi. I primi a rompere il fronte sono stati (appunto) i fratelli Fratini, gli immobiliaristi fiorentini proprietari della Fingen a cui faceva capo l’1,33% del capitale sociale Alitalia. La quota è stata comprata da Intesa San Paolo che ha restituito agli ex patrioti i 15 milioni di euro investiti nel 2008. E’ appena il caso di notare che la banca di Passera è contemporaneamente motore dell’operazione CAI e grande creditore di Fingen.

Ma la botta peggiore è stata la decisione della famiglia Benetton di svalutare la sua partecipazione azionaria in seguito alle continue perdite di bilancio della compagnia aerea. La svalutazione verrà fatta fra tre mesi, in occasione della relazione semestrale di bilancio di Atlantia, la società che nel 2008 ha messo 100 milioni (pari all’8,8 per cento del capitale CAI) per garantire “l’italianità” dell’Alitalia e per sbarrare il passo ad Air France, l’invasore straniero che fra qualche mese potrebbe prendersi la compagnia a prezzo di saldo.

Articolo pubblicato su www.felicesaulino.it sotto licenza
Creative Commons, riprodotto per gentile concessione dell'autore

RSS
RSS