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Tempesta di sereno

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A parte pochi sbuffi bianchi (i cosiddetti “cumuli di bel tempo”) che incoronano le colline a nord dell'aeroporto, non c'è praticamente una nuvola in cielo... e fa anche un bel caldo, tanto che in albergo, mentre mi infilavo la divisa, ho invidiato i fortunati che, proprio sotto alla finestra della mia camera, cominciavano ad affollare la piscina.

Giornata ideale per volare, si direbbe. Anche perché i bollettini meteo lungo la rotta e a destinazione parlano solo di cieli limpidi e di temperature, come direbbero al telegiornale, “nettamente superiori alle medie stagionali”.

Insomma, la classica “tempesta di sereno”, quella che ogni neofita del volo si augura di trovare, ma che in certi casi (e oggi è uno di questi) rischia di trasformarsi in un grosso problema. Eh sì, perché temperatura alta vuol dire anche bassa densità dell'aria, e in queste condizioni (quasi 40 gradi) i motori rendono meno e l'ala produce meno “portanza”, che è la forza che permette all'aeroplano di vincere la forza di gravità e alzarsi in volo. Lo sconfortante risultato è che il peso ammesso al decollo risulta più basso del normale: siamo, come si dice in gergo, “limitati al decollo”.

Il calcolo del peso che si può portare via da una pista è in genere un'operazione di routine che si fa nelle fasi iniziali della preparazione del volo, e richiede pochi minuti. Oggi invece, per quanto ci affanniamo a fare e rifare i conti, la triste verità è che questo benedetto aereo, strapieno di vacanzieri che tornano a casa, pesa due tonnellate più di quello che dovrebbe.

E queste due tonnellate devono assolutamente essere “recuperate”. “Recuperare” è chiaramente un eufemismo: in realtà sarebbe più giusto dire che bisogna “perderle”, lasciando qualcosa a terra. Purtroppo, merce da sbarcare ce n'è poca, perché l'aeroporto, soprattutto durante la stagione estiva, ha un traffico quasi totalmente turistico e nelle stive, praticamente, ci sono solo i bagagli dei passeggeri.

E allora i casi sono due: o si imbarca meno carburante del necessario e si prevede uno scalo intermedio per effettuare un rifornimento, o si lasciano a terra un bel po' di passeggeri e relative valige.

Nella prima ipotesi, a voler essere ottimisti, si rischia di arrivare a destinazione con almeno un'ora di ritardo, e vi lascio immaginare il caos di coincidenze perse, disagi e lamentele. Qualora invece decidessimo di sbarcare dei passeggeri... beh, non vorrei certo essere nei panni di chi si presenterà in sala di imbarco a dare una notizia del genere.

Intanto il terminale del computer visualizza l'ultimo METAR (è il bollettino che, una volta ogni mezz'ora, riferisce le condizioni meteo dell'aeroporto), e un filo di speranza si riaccende: la temperatura è calata di un paio di gradi e si sta alzando un po' di vento... vento frontale, che in decollo è di buon aiuto.

“Prova a fare i conti senza i pack”, mi dice il mio collega. I pack sono impianti che forniscono aria compressa per pressurizzare e condizionare l'aereo: sono azionati dai motori e il loro funzionamento, ovviamente, sottrae una certa quantità di potenza. Tuttavia è possibile, in condizioni limite, lasciarli spenti per i primi minuti del volo, guadagnando così qualche centinaio di chili sul peso massimo.

“Niente da fare -annuncio sconfortato- nemmeno così ce la facciamo”... ma le ultime parole vengono coperte dal rumore di un potente tuono: le “nuvole di bel tempo”, là, sulle colline, si sono rapidamente evolute in bel cumulonembo e sta per scoppiare un temporale. Ora tira un bel vento, e una rapida telefonata in torre di controllo ci conferma che anche la temperatura sta bruscamente diminuendo.

Tutti a bordo... e di corsa, prima che cominci a piovere sul campo, perché anche la pista bagnata è motivo di riduzione del peso al decollo. Imbarchiamo i passeggeri con il ritmo frenetico dei film di Ridolini, e in capo a una ventina di minuti siamo pronti a partire.

Allineati in pista, prima di dare motore, osserviamo attentamente il nostro temporale sullo schermo del radar: è proprio grosso, e si sta avvicinando, ma basterà una bella virata verso sud, appena staccate le ruote da terra, per lasciarcelo alle spalle.

Roba da non credere: per tirarci fuori da una “tempesta di sereno”, c'è voluta una tempesta vera.

(28 luglio 2011)

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