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La tecnologia che non aiuta

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Siamo schiavi della tecnologia: ormai è un detto popolare, e secondo molti studi l’abuso di dispositivi elettronici, pur alleviando la fatica fisica, affatica il cervello. In campo aviatorio, l’automazione spinta a livelli solo pochi anni fa inimmaginabili addirittura disorienta gli equipaggi invece di aiutarli.

In effetti, la vita quotidiana d’ogni individuo del mondo cosiddetto “sviluppato” sembra essere costantemente “on line”, permanentemente connessa con un supporto informatico e tecnologico. Dalla radiosveglia che ci fa iniziare la giornata con le ultime notizie ai computer ed alla posta elettronica, dalle segreterie telefoniche ai telefoni cellulari che fanno di tutto... salvo a volte non permettere di telefonare. E poi i social-network, gli stimolatori muscolari, gli aggeggi per raggiungere un sonno “naturale” (o il più sicuro effetto “fascination”), e il sonnifero elettronico costituito dai programmi televisivi.

Una massa di stimoli visivi, cognitivi, elettromagnetici che il cervello non è in grado di elaborare in tempo reale. E la massa d’informazioni digitali influenza negativamente anche la memoria che non riesce più a fissare nemmeno stimoli semplici: canzoni, film, messaggi, si confondono in un mare magno indistinto d’informazioni digitali.

A bordo, nelle cabine di pilotaggio, la situazione non è certo diversa. Gli schermi digitali riversano una massa d’informazioni multicolori impossibili da essere analizzate tutte in tempi ragionevoli, gli avvisi acustici sono centinaia e suonano non sempre a proposito e sono mescolati anche con avvisi a voce digitale. Un’esagerazione di comunicazione che diviene presto rumore di fondo, atto solo ad aumentare un fastidio, piuttosto che a servire realmente per quello per cui questi dispositivi sono pensati.

In un recente studio dell’Università di California gli scienziati confermano che gli stimoli nuovi attivano connessioni tra neuroni che prima non esistevano, però le connessioni si solidificano solo quando c’è il tempo per farlo e gli individui possono riposare. Il suggerimento per sopravvivere ad un mondo sempre connesso è quello di disconnettersi per alcune ore al giorno. Oltre al sonno ovviamente è consigliato correre o camminare nella natura evitando l’ambiente urbano troppo denso di stimoli, e nuotare, in piscina o all’aperto... così è certamente difficile rimanere connessi, e il cervello si riposa e ricarica le batterie.

Gli studi specifici sugli equipaggi di volo confermano queste considerazioni. Nella migliore delle ipotesi si parla di mancanza di formazione per operare in maniera adeguata gli aerei ad alta automazione. Costruttori ed operatori pensano che basti raccontare ai piloti quali sono i comandi e le indicazioni e tutto quanto è necessario. I problemi arrivano quando nelle liste dei controlli s’incontrano situazioni non scritte che obbligano i piloti ad usare l’istinto e l’esperienza.

In un seminario tenuto a Milano lo scorso novembre la Flight Safety Foundation ha affermato che dal 2001 al 2009 l’inadeguata comprensione delle logiche di funzionamento dei sistemi automatizzati da parte degli equipaggi è stato un fattore importante nel 42% degli incidenti ed in oltre il 30% degli inconvenienti gravi.

La FAA (Federal Aviation Administration), conferma questi dati ed evidenzia che c’è ancora molto da fare per comprendere il fenomeno a fondo. Il rapporto con gli autopiloti e le automanette, con i sistemi di gestione del volo (FMS), è sempre difficoltoso e finisce a volte per portare l’equipaggio al disorientamento. L’erosione delle capacità discrezionali dei piloti diviene seria in quanto essi tendono ad affidarsi acriticamente agli automatismi, fino a farsi sorprendere da malfunzionamenti subdoli e difficili da risolvere. I progettisti, dal canto loro, non si sono minimamente preoccupati di inserire queste problematiche nei programmi degli ordinatori di bordo.

Tutto il sistema industriale del trasporto aereo, secondo FAA, ha bisogno di rivedere l’addestramento dei piloti in numerose aree, sia teoriche che pratiche: condotta e gestione del sentiero di volo, norme delle procedure operative (Standard Operations Procedure, SOPs), rimessa dagli assetti inusuali, gestione dei malfunzionamenti, uso dei sistemi di funzionamento alternativi per eseguire le richieste del controllo del traffico aereo.

Insomma, bisogna dire che se l’automazione degli aerei in un ventennio ha veramente rivoluzionato per la prima volta il sistema aeronautico dai tempi dei fratelli Wright, lo stesso non si può affermare per i metodi d’addestramento che dovrebbero mettere i piloti in grado di affrontare queste macchine e le relative innovazioni.

La sfida che pongono gli automatismi è più nel settore dell’interpretazione delle informazioni, nella comprensione dei programmi e nell’immissione di dati non corretti nei sistemi, piuttosto che nella condotta manuale in situazioni anormali cosa che ormai è risolta quasi completamente in maniera automatica.

E tuttavia, gli incidenti iniziano ad essere addebitati di nuovo alla perdita di controllo del mezzo. E l’addestramento appare veramente carente nei settori dove i sistemi possono fallire.

I piloti non hanno mezzi per gestire adeguatamente la situazione, in quanto si ritiene che le probabilità che tali inconvenienti si presentino siano notevolmente rare. Lo stallo in alta quota per esempio non è più contemplato negli allenamenti ai simulatori di volo...

...l’incidente del volo Air France 447 ha dimostrato che questo è un errore.

(9 agosto 2011)

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