Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Occhio al transito

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Noi li chiamiamo “transiti”, e nella mia vita operativa di pilota, svoltasi in massima parte sul lungo raggio, non hanno mai costituito un grosso problema: la maggior parte dei voli intercontinentali, di solito molto lunghi, prevede infatti che al termine del volo si vada in albergo a riposare.

Ben diverso invece è il discorso sul medio raggio, dove capita di dover affrontare tre o quattro voli nella stessa giornata: e quattro voli significano, appunto, tre “transiti”.

Tre aerei da portare fino al parcheggio, a volte con tempi di rullaggio che, teoricamente previsti in pochi minuti, spesso si prolungano fino a quadruplicarsi.

Tre aerei dai quali far sbarcare tutti i passeggeri, sempre sperando che pullman, carrelli bagagli e addetti siano tempestivamente posizionati sotto bordo.

Tre aerei che bisogna far controllare dai tecnici di terra (la famosa ispezione di “transito”, appunto) che devono essere ripuliti e allestiti per il volo successivo, e che vanno riforniti, ovviamente dopo avere attentamente esaminato la documentazione che, si spera, arriverà a bordo in tempo utile.

E infine, tre aerei da riempire nuovamente di passeggeri. E ne manca sempre uno, chissà che fine avrà fatto... e ci sono quelli ai quali è stata assegnata per errore la stessa poltrona, e ora stanno discutendo animatamente... e ovviamente c'è anche quello che si preoccupa perché teme che il suo bagaglio si sia perso nei meandri imperscrutabili dell'aeroporto, e chiede a noi se possiamo controllare

Il tutto in un tempo che si aggira, minuto più minuto meno, intorno ai tre quarti d'ora: chi, giorno dopo giorno, affronta per lavoro questo autentico tour de force sa che l'imprevisto è sempre in agguato, e che riuscire a star dentro ai tempi di transito non è esattamente la cosa più facile del mondo... soprattutto se il transito prevede anche il cambio dell'aereo, cosa che qualche volta capita anche a noi.

In questo caso però, almeno un vantaggio nei confronti dei passeggeri ce l'abbiamo: il nostro bagaglio ce l'andiamo a cercare personalmente in stiva, e ce lo trasciniamo dietro fino all'aereo col quale faremo la tratta successiva. E' una fatica in più, d'accordo, e sotto la pioggia o il solleone non è certo il massimo della comodità, ma almeno siamo sicuri che a sera, in albergo, uno spazzolino da denti, una maglietta pulita e una camicia più o meno stirata ci saranno.

Che è esattamente la certezza che mancava al signore che abbiamo visto poco fa preoccuparsi della sorte della sua valigia e che, dopo aver chiesto a noi quelle rassicurazioni che non siamo in grado di dargli (perché i bagagli arrivano a bordo rinchiusi dentro a dei container dove è impossibile andarli a cercare), ora magari sta aspettando ansiosamente di vedere la sua bella Samsonite nuova fare capolino dal nastro di riconsegna dei bagagli.

E man mano che i minuti passano, avrà anche cominciato a maledire il giovanotto dell'agenzia di viaggi che, con un mezzo sorrisino di compatimento, gli aveva assicurato che un transito di 45 minuti è assolutamente normale, e che non c'era quindi nessuno, ma proprio nessun motivo di essere preoccupato.

(25 agosto 2011)

RSS
RSS