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Chi garantisce la sicurezza?

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Tutti gli operatori, diretti o indiretti, coinvolti nelle attività legate alle operazioni in una compagnia aerea hanno una qualche responsabilità nella sicurezza delle operazioni stesse. E gli operatori di front line, anche se sono direttamente sul teatro delle operazioni, non necessariamente incidono nell’abbassare il rischio.

Teoricamente, la responsabilità della sicurezza non diminuisce quando, allontanandosi dal cockpit degli aerei (la cosiddetta front line, appunto), si va verso gli uffici dei dirigenti: la sicurezza, infatti, è la sintesi di una cultura organizzativa.

Guardando la “problematica sicurezza” secondo un’ottica di tipo piramidale, si possono identificare quattro livelli di intervento umano:

  • Top management: presidente, direttore generale e alti dirigenti;
  • Line management: tutti i dirigenti di medio livello;
  • Inspector and quality control personnel: coloro che sono preposti a controllare la rispondenza delle operazioni normali con quanto previsto dalle norme interne e dalle leggi;
  • Operational personnel: il personale che opera in prima linea (la nostra famosa front line), come piloti, assistenti di volo, tecnici, controllori di volo.

È ovvio che, sebbene questa scala gerarchica sull’attribuzione di responsabilità sia in linea di massima ampiamente condivisibile, nella pratica quotidiana le cose stanno in maniera molto differente, poiché la responsabilità si diluisce man mano che ci si allontana dal luogo, dal tempo e dalle persone coinvolte direttamente nell’evento... mano a mano cioè che ci si allontana dalla front line.

L'incidente grave, quando accade, viene indagato secondo modelli concettuali che attribuiscono la responsabilità all’individuo, oppure secondo modelli che chiamano in causa i livelli organizzativi, ma entrambi i metodi non hanno i mezzi per identificare quelle persone che, all’interno dell’organizzazione, hanno determinato il raggiungimento di un punto critico in cui l’incidente era soltanto questione di tempo.

Sydney Dekker, uno studioso di Human Factor, chiama drift to danger (deriva verso l’incidente) proprio la situazione in cui nell’organizzazione vengono prese delle decisioni, apparentemente innocue di per sé, ma che la allontanano impercettibilmente dalla linea ideale rappresentata dalle operazioni sicure. Ci si trova, quindi, ad operare in uno scenario caratterizzato da poche ridondanze, da margini inesistenti, nel quale l’eventuale errore dell’operatore finale, quello di front line, ha conseguenze irreparabili.

È possibile in questo contesto risalire alle responsabilità disseminate lungo la scala gerarchica?

In definitiva, l’operato di ciascuna di queste componenti umane presenti nei livelli di organizzazione menzionati può condizionare quello delle altre e questo finisce alla lunga col portare al mutuo scarico di responsabilità o alla fumosa definizione delle reciproche mansioni e correlazioni, il tutto con grave danno alla sicurezza.

La dimostrazione di questa tesi è che sono rari i casi in cui la commissione di inchiesta ha individuato responsabilità che vanno oltre il livello operativo. Tra questi, menzioniamo il caso studio dell’analisi degli incidenti che hanno coinvolto il Challenger e il Columbia, due missioni spaziali della NASA che si sono concluse con altrettanti disastri.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(26 agosto 2011)

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