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La pennichella

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Per quanto possa sembrare strano, i limiti di tempo massimo per guidare un mezzo sono diversi in funzione di quale mezzo si conduce. E così capita, anche se può sembrare paradossale che un tranviere possa guidare per non più di sette ore, un ferroviere 11, ed un pilota di aereo 14 ore al giorno.

E infatti, coerentemente con questa tendenza, gli astronauti non hanno limiti di servizio.

È vero, ci sono molti automatismi, gran parte del lavoro riguarda il monitoraggio dell'attività svolta dall’autopilota, c’è un controllo voli molto efficiente, ma nonostante tutto il fisico dell'umano pilota non è diverso da quello dell'umano tranviere.

Tutt’altra cosa i ritmi di lavoro che aveva mio padre, che lavorava al Comune di Roma. Usciva alle sette della mattina, tornava a casa per pranzo, dormiva e, bello riposato, tornava in ufficio per congedarsi alle “cinco de la tarde”. Che differenza, rispetto ad oggi, dove i ritmi forsennati della vita moderna non permettono a nessuno di riposare dopo pranzo, seguendo la classica dinamica romanesca: mappazza, cicagna, abbiocco, pennica.

La mappazza è il bolo alimentare che si ingerisce in quantità notevole, creando una mole di cibo che si piazza al centro dell’apparato digerente, imperitura sfida ai succhi gastrici. Diciamo, eufemisticamente, che è difficile da digerire.

Si passa così al secondo livello, quello della cecagna, cioè quella sensazione di torpore leggero, con surriscaldamento della parte posteriore del cranio e brusio percepito nelle orecchie, provocando un allentamento graduale della reattività fisica, in particolare l’obnubilamento della vista, come rivela lo stesso etimo (cecagna verrà da cieco?).

Quando la cicagna degenera in abbiocco, l’individuo non riesce più a mantenere eretta la testa, le palpebre diventano di una pesantezza insopportabile, i sensi sono praticamente inutilizzabili, anche se il mondo circostante ancora fornisce uno sfondo sensoriale di cui si ha coscienza.

Ma quando lo stato corporeo si abbandona all’abbiocco per più di due minuti, sopraggiunge la pennica con la quale il sonno è conclamato e l’individuo si abbandona nelle braccia di Morfeo, in posizione indecorosa, con la bavetta che esce da un angolo della bocca e soprattutto fregandosene di quello che succede all’intero Universo.

Dante avrebbe detto: “E caddi come corpo morto cade”. Avrebbe potuto dire ache come corpo abbioccato cade, ma veniva male per un Poeta come lui. Ad ogni modo, ci si trova con una sensazione di indicibile godimento, che può essere attenutato solo dal clamore prodotto dai figli che giocano per casa.

Quindi, mio padre aveva tempo di stare con i figli, mangiare in famiglia ed abbandonarsi alla pennica pomeridiana (raccomandandoci di giocare in cortile e di non fare chiasso). Aveva molti giorni di ferie, un carico di lavoro basso, un tranquillo tran tran che gli permetteva di organizzarsi la vita anche dopo il lavoro.

L’unica cosa che l’avrebbe reso un uomo davvero felice sarebbe stato uno stipendio un po’ più alto, perché come ci diceva: “Con il mio stipendio arriviamo tranquillamente a fine mese; i problemi cominciano dall’uno al ventisette”. Eppure non ci mancava nulla, non ho mai percepito la mancanza di nessun bene elementare. Un po’ perché i miei amici venivano da famiglie simili, un po’ perché negli anni ’70 ci si accontentava di poco, un po’ perché i genitori decidevano cosa e come fare le cose e un po’ perché il tenore di vita era abbastanza livellato.

Io ho una condizione di vita cento volte migliore di mio padre, anche se non sono sicuro che i miei figli avranno lo stesso miglioramento rispetto a me. Fatto sta che con quello che guadagno riesco a mantenere più che dignitosamente cinque figli più l’ambaradam che ogni pilota deve gestire.

Eppure vedo che ci sono molti miei colleghi che si dannano per lavorare di più, perché per ogni ora di straordinario lo stipendio mensile si innalza significativamente. Ora, se uno non riesce a vivere dignitosamente con quello che guadagna normalmente, non riuscirà a vivere con nessun importo, neanche fosse Bill Gates.

Ecco perché tavolta rimango perplesso quando qualcuno mi confessa di dover fare gli straordinari per mantenere il proprio tenore di vita. Quale vita, se tutto il tempo lo passi al lavoro?

Ma hai mai provato il vero piacere della pennica?

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(26 settembre 2011)

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