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Loss of Control - I

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I - Loss of Control è l’espressione inglese che indica la perdita di controllo del pilota sul mezzo che sta pilotando. E’ stato sin dall’inizio della storia del volo uno dei problemi principali che hanno dovuto affrontare progettisti, ricercatori, istruttori, investigatori e naturalmente i piloti.

Il problema è causato dai limiti dell’effetto di sostentazione che le superfici aerodinamiche forniscono ad un mezzo aereo (in verità hanno dei limiti anche gli aerostati). Le caratteristiche principali coinvolte nel fenomeno sono il cosiddetto stallo, la vite, le posizioni inusuali.

Già i fratelli Wright dovettero sperimentare a loro spese che non sempre il velivolo rispondeva come pensavano i piloti ai comandi impartiti, e all’inizio non si conosceva la manovra per uscire dalla condizione di stallo e men che meno quella per uscire dalla vite. Ci pensarono però i campi di battaglia della prima guerra mondiale a fornire gran parte delle risposte attese.

In cosa consistono questi inconvenienti?

Lo stallo è la perdita dell’effetto di portanza di un’ala in condizioni in cui o la velocità è troppo bassa o l’angolo che forma l’ala con flusso del vento è eccessivo, esistono altre forme di stallo ma le tralasciamo per semplicità. In alcune condizioni estreme lo stallo arriva in tempi differenti tra l’ala destra e quella sinistra innescando così una rotazione dalla quale è molto difficile uscire in quanto l’aerodinamica delle superfici di controllo diventa troppo turbolenta impedendo un controllo effettivo del mezzo: si tratta della temutissima vite.

Pochi aerei erano allora progettati in modo specifico per poter uscire da quella condizione, e naturalmente il fenomeno riguardavano principalmente il volo acrobatico e militare, ma il rischio di stallo e vite esisteva anche, in certe condizioni meteo particolarmente severe, anche per i velivoli civili. La progettazione e l'addestramento impararono comunque presto a tener conto di questi fenomeni anche sugli aerei costruiti per le linee aeree civili.

Con i primi anni ’60 del ‘900, l’arrivo di aerei a reazione molto veloci e potenti, con le ali cosiddette “a freccia”, pose di nuovo il problema dei limiti di stallo e della vite, cosa a cui l’ala a freccia era più esposta. Gli aerei supersonici poi completarono il panorama delle sfide poste alla controllabilità degli aerei in condizioni limite, congiuntamente ai problemi causati dai cosiddetti "impennaggi a T".

Tutte queste questioni posero in primo piano l’addestramento dei piloti che dovevano apprendere nelle loro conoscenze basiche le manovre per uscire da tali situazioni rischiose. L’addestramento su ogni tipo d’aereo prevedeva le conoscenze opportune per affrontare, in una miriade di situazioni, i rischi di stallo e di avvitamento.

Poi, alla fine degli anni ’80, arrivarono gli aerei governati da computer ad autorità totale, e questo cambiò radicalmente il metodo di condotta di un aereo e i sistemi d’addestramento. Dopo un ventennio s’iniziarono a sperimentare di nuovo fenomeni di perdita di controllo. Ora accadeva, apparentemente, a causa dell’inadeguata conoscenza dei comportamenti dei computer in condizioni estreme da parte dei piloti, visto che anche le relative manovre “manuali” sono sempre e comunque filtrate attraverso un computer, e forse anche a causa dei precoci e spesso massicci pensionamenti dei piloti dotati delle vecchie conoscenze.

Tra gli addetti ai lavori il dibattito è acceso da tempo: ora qualcosa inizia ad affiorare anche nei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto a seguito dell’incidente dell’AF-447.

I- (continua)

(28 settembre 2011)

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