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Bombe sulla Libia - II

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II - L'idea di un bombardamento dall'aria non era nel 1911 una novità assoluta: già mezzo secolo prima gli austriaci di Radetzky avevano sperimentato l'uso di palloni, armati con bombe innescate da micce a lenta combustione, che sarebbero dovuti arrivare su Venezia e, dopo aver perso quota, esplodere.

Complicati calcoli e alcune sperimentazioni non valsero a rendere efficiente il sistema che, utilizzato il 2 luglio, dimostrò tutta la sua inefficacia: a causa di un repentino cambio della direzione del vento alcuni palloni affondarono in laguna, mentre altri esplosero addirittura in territorio austriaco. Il colonnello d’artiglieria Benno Uchatius, ideatore dell’arma segreta, pose così fine alla sua carriera.

Gavotti ebbe ben altro successo ed una brillante carriera fino ai vertici dell’Arma Azzurra, una volta che questa venne istituita come arma indipendente. Il 1° novembre 1911 il tenente Gavotti, ben cosciente di essere il primo a tentare un’operazione del genere, si organizza per portare in volo sul suo Etrich Taube, un aereo di progettazione austriaca di foggia molto simile ad un piccione, il carico esplosivo, costituito da una mezza dozzina di bombe a mano Cipelli.

L’intrepido pilota inchioda una cassetta di cuoio accanto al suo seggiolino e la imbottisce di bambagia, poi ci adagia sopra le bombe Cipelli, tre per l’esattezza, e una quarta se la mette nella tasca del giubbotto di pelle. Nell’altra tasca della giubba mette una scatoletta di cartone con dentro quattro detonatori al fulminato di mercurio per innescare le bombe durante il volo.

Per descrivere la pericolosità dell’operazione è sufficiente dire che la bomba Cipelli pesava circa due chili, era dotata di una spoletta ad impatto, armata con detonatore al fulminato di mercurio e conteneva esplosivo ad alto potenziale denominato picrato di potassio. Durante il suo sviluppo il tenente di vascello Carlo Cipelli, ideatore dell’ordigno, aveva perso la vita con altri due colleghi a causa di uno scoppio accidentale.

Dopo il decollo, il tenente Gavotti compie un largo giro sulla flotta italiana, ormeggiata nella rada di Tripoli, per prendere quota, poi dirige verso l’oasi di Ain Zara dove nei giorni precedenti aveva rilevato un accampamento nemico. Con una mano regge il volante di guida dell’aereo, con l’altra si posa una bomba sulle ginocchia, poi cambia mano ed estrae un detonatore dalla scatoletta nella tasca della giubba, se lo mette in bocca, e poi lo inserisce nella bomba.

Una volta giudicato di aver raggiunto una posizione utile sull’accampamento, afferra la bomba con la mano destra, con i denti strappa la sicura e getta la bomba facendo attenzione a non farla urtare contro l’ala... dopo alcuni interminabili istanti vede una nuvoletta scura nel mezzo dell’accampamento. Passa altre due volte e lancia ancora il suo pericoloso carico, lancia poi l’ultima bomba durante il volo di ritorno direttamente sull’oasi di Tripoli.

L’evento suscitò grande scalpore nell’opinione pubblica mondiale ed impressionò gli stati maggiori di molti paesi. Giulio Gavotti guadagnò una medaglia d’argento al Valor Militare ed un’ode di Gabriele D’Annunzio, la “Canzone della Diana”.

L’era del bombardamento aereo era iniziata.

II (fine)   Leggi la prima parte

(1° novembre 2011)

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