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L'ala di Prandtl

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Nell’articolo di MdV dedicato all’Aviation Day Expò 2011, tenutosi a Preturo (AQ), dal 30 settembre al 2 ottobre scorsi, si parla del progetto di un aereo italiano la cui architettura alare è basata sulle teorie del fisico tedesco Ludwig Prandtl.

Prandtl è considerato un pioniere negli studi matematici sui principi fondamentali dell’aerodinamica, e la citazione merita di essere approfondita.

L’idea studiata da Prandtl, è talmente complicata che non esiste un nome univoco per indicare il concetto: ala a scatola (box wing), ala infinita, ala circolare, ala continua e ala migliore (Best Wing System). Sebbene lo stesso ricercatore adottasse quest'ultima definizione, chiamando il suo progetto  BWS, il termine “ala di Prandtl” è probabilmente l’espressione più adatta.

Il risultato ricercato con quest’architettura aerodinamica era la minima resistenza possibile al fine di ridurre le potenze richieste ed i relativi consumi. Le attuali necessità di ridurre i consumi hanno riportato alla ribalta gli studi di Prandtl e fanno ipotizzare la sua ala come una tecnica innovativa.

In verità lo studio del comportamento aerodinamico delle ali ad apertura finita ha interessato gli studiosi di meccanica dei fluidi sin dagli albori della storia del volo. Oltre al nostro eroe, si sono distinti con le loro teorie matematiche anche Frederick Lanchester ed il mitico duo composto da Kutta e Joukowsky. La necessità di semplificare le equazioni per arrivare a soluzioni applicabili ha portato all’elaborazione delle teorie della circolazione dei flussi e dei vortici, tra i primi Hermann von Helmholtz. Tutti questi eminenti scienziati sono piuttosto poco conosciuti sebbene vadano considerati i fondatori della moderna tecnica aeronautica.

Ad ogni buon conto gli studi d’aerodinamica e fluidodinamica portarono Prandtl a contatto con gli studi sia dei padri della scienza fluidodinamica, sia con i contemporanei pionieri dell’aerodinamica. Prandtl sviluppò uno strumento di misura derivato da quello di Pitot, detto appunto tubo di Prandtl, entrando nel novero degli scienziati autori di studi di fluidodinamica e di strumenti di misura. Studiò i lavori di Henri Pitot (1695-1771, francese), Daniel Bernoulli (1700-1782, svizzero), Giovanni Battista Venturi (1746-1822, italiano), Eugene Bourdon (1808-1884 francese).

Nato a Frisinga (Germania) nel 1875, Ludwig Prandtl è considerato il padre della moderna aerodinamica, di cui ha sviluppato i principi fondamentali su base matematica. Nei suoi studi ha elaborato teorie che hanno sconvolto il campo delle costruzioni aeronautiche, tra esse la teoria dello strato limite, dei profili sottili, della linea portante, della resistenza indotta e dei vortici d’estremità e della comprimibilità alle alte velocità subsoniche.

Prandtl fu tra i pochi scienziati tedeschi a rimanere in patria dopo la seconda guerra mondiale e lavorò a Gottinga dove fu per lunghi anni direttore dell’Istituto per la fisica tecnica fino alla sua morte nel 1953. I suoi studi sono stati di fondamentale importanza per le innovazioni portate da altri due valenti scienziati aeronautici: Alexander Martin Lippisch (1894-1976, tedesco poi naturalizzato americano), particolarmente importante per i velivoli a tutta ala e per l’effetto suolo, e Henri Marie Coanda (1886-1972, rumeno), importantissimo per la scoperta dell’effetto che porta il suo nome, appunto effetto Coanda.

prandtlIl velivolo studiato nell’ambito del progetto Idintos dal Prof. Frediani del Dipartimento d’Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Pisa adotta una configurazione alare caratterizzata dal sistema di Prandtl. In pratica sono due ali poste sulla fusoliera in posizione una alta e l’altra bassa e con una freccia positiva per un’ala e negativa per l’altra che sono unite tra loro tramite due montanti grossomodo verticali alle estremità, una specie di winglets che si saldano in una configurazione che possiamo definire biplana e che compone un anello schiacciato.

Questo modo di costruire le ali riduce la resistenza e permette di ridurre anche lo spazio occupato da ali a forte allungamento, consentendo di costruire velivoli sempre più grandi senza dover modificare le strutture aeroportuali. La resistenza si riduce considerevolmente eliminando, tramite questo sistema, i vortici d’estremità che poeticamente in italiano si chiamano “trecce di Berenice”.

Semplificando,allo scopo di spiegare il concetto, tra la parte superiore e quella inferiore dell’ala esiste una differenza di pressione che influenza il movimento dei flussi d’aria che scorrono verso la fine dell’ala e poi si avvitano tra di loro: il fenomeno in presenza di aria umida è ben visibile con la scia di condensa che si produce anche sugli aerei di linea, soprattutto al decollo e all'atterraggio.

Il termine deriva dal lessico astronomico dove una costellazione a forma di chioma è intitolata al mito di Berenice II d’Egitto, moglie del Faraone Tolomeo III. La regina aveva fatto voto di tagliare la sua meravigliosa capigliatura se il marito fosse tornato sano e salvo da una guerra in Asia e quando fu soddisfatta depositò la sua lunga chioma presso il tempio di Afrodite. La treccia fu rubata e per evitare le repressioni che aveva in animo di fare il faraone, lo stimato matematico ed astrologo Conone di Samo disse che l’offerta era piaciuta tanto agli dei che avevano deciso di elevare la treccia in cielo e fissarla nel firmamento.

Un’idea saggia, quella di Conone, che mai avrebbe pensato di vederla entrare a far parte anche del lessico aeronautico.

(25 novembre 2011)

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