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Nero contro nero

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La pubblicazione, avvenuta nei giorni scorsi, del diciottesimo aggiornamento alla black list dell'Unione Europea, che elenca le compagnie aeree soggette a divieto totale o a limitazioni di traffico nei cieli europei è senz'altro destinata a rinfocolare le polemiche tra AFRAA e autorità europee.

L'AFRAA (AFRican Airlines Association), che ha appena concluso i lavori del suo 43° congresso annuale, raccoglie 32 compagnie (da Afriqiya Airways a South African Airways, da Air Algerie a Ethiopian Airlines, da Royal Air Maroc a TAAG Linhas Aéreas de Angola), che da sole coprono l'83% del traffico intercontinentale assicurato dalle compagnie africane.

Pur riconoscendo che la situazione della sicurezza aerea in Africa è tutt'altro che lusinghiera (tanto che le statistiche IATA per il 2010 assegnano al continente nero la più alta percentuale di perdite complete di aerei a seguito di incidenti) e che ancora c'è molto da fare nel settore, AFRAA contesta il metodo, sostanzialmente unilaterale, adottato dalla Commissione Europea nello stabilire le sue liste di proscrizione.

In particolare, è mal digerita la decisione di inserire nella lista nera molte aerolinee che, per il semplice fatto di aderire a AFRAA, si impegnano a sottostare agli audit operativi di sicurezza (IOSA) stabiliti dalla International Air Transport Association (IATA).

Particolarmente vivace è stata, l'estate scorsa, la polemica che ha seguito l'inclusione nella lista nera europea dei due Boeing 767 di Air Madagascar, compagnia che secondo AFRAA si conforma pienamente agli standard IATA e che ha un eccellente record di sicurezza, tanto da non aver subito incidenti negli ultimi 25 anni, o della compagnia Linhas Aéreas de Moçambique, che pure aveva superato gli audit di sicurezza dell'IATA.

L'accusa, nemmeno troppo velata, è quella di usare i divieti di sorvolo al fine di favorire la penetrazione in Africa delle principali aerolinee europee, e in particolare di Air France, la cui presenza nel continente è molto forte, al punto di annoverare tra le sue 10 rotte più profittevoli ben 9 voli da e per le capitali africane. Air France, dal canto suo, respinge le accuse al mittente, affermando di aver sempre cercato la collaborazione degli operatori locali al fine di trovare partner africani attendibili per i voli domestici. Il che niente toglie, a ben vedere, all'accusa di usare la black list a fini, aeronauticamente parlando, “coloniali”.

Diverso è, sempre secondo l'AFRAA, l'atteggiamento degli USA i quali, non avendo interessi altrettanto diretti sul mercato africano, danno prova di un maggiore spirito di collaborazione, e hanno lanciato l'operazione Safe Skies for Africa con lo scopo di sviluppare le conoscenze e fornire le infrastrutture atte a migliorare la sicurezza. L'Europa dovrebbe, piuttosto che stilare liste di proscrizione che hanno dimostrato di non avere utilità pratica, seguire l'esempio degli USA.

E c'è di più. Il segretario generale dell'associazione, il keniano Elijah Chingosho, ha in più occasioni bollato come unfair (scorretta) la pratica di inserire nella black list anche compagnie che, in virtù degli aerei impiegati, non avrebbero comunque la possibilità di volare in Europa, oppure compagnie fantasma che nemmeno dispongono di un Certificato di Operatore Aereo rilasciato dallo stato di appartenenza, e spesso interi stati, significando con questo che l'intera struttura aeronautica del paese non è tale da garantire sicurezza. “Se così fosse -arguisce Chingosho- anche le aerolinne europee dovrebbero evitare di volare in quel paese”.

Anche in questo caso l'accusa è abbastanza esplicita: dare ai passeggeri la sensazione che tutte le compagnie africane, ivi comprese quelle che si sforzano di mantenere standard all'altezza di quelli europei, siano sostanzialmente unsafe.

Nero contro nero, dunque: da una parte la lista “nera” europea e dall'altra le compagnie del continente “nero”, nella speranza che dal confronto, oltre alle immancabili polemiche, possa scaturire anche un effettivo miglioramento delle condizioni del trasporto aereo in Africa.

(26 novembre 2011)

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