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L'incidente di Palermo: ancora niente...

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24 settembre 2010: un Airbus A-319 di Wind Jet in atterraggio a Punta Raisi tocca terra poco prima dell'inizio della pista 07, distrugge un'antenna radio, striscia per 850 metri e termina la sua corsa sul prato, in corrispondenza dell'intersezione delle due piste delle quali dispone lo scalo palermitano.

Gli occupanti lasciano l'aereo attraverso le uscite di emergenza senza gravi conseguenze, a parte tre feriti lievi. L'A-319 invece è danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione, e la sua carcassa (privata di ogni segno di riconoscimento) farà bella mostra di sé per molti mesi sul prato dell'aeroporto di Palermo.

Secondo le prime ricostruzioni, basate anche su dichiarazioni della stessa compagnia, l'aereo sarebbe incappato in uno windshear di notevole intensità durante l'avvicinamento finale, ma questa teoria viene presto smentita. In ogni caso, al momento dell'incidente la visibilità era talmente scarsa che gli operatori della torre di controllo non sono riusciti a vedere l'aereo, che pure si era fermato nel bel mezzo dell'aeroporto...

Salvi i passeggeri, incolumi i piloti, recuperate in poche ore le scatole nere (intatte) dell'aereo e acquisite immediatamente le registrazioni dei bollettini meteo e delle comunicazioni radio, ci si sarebbe aspettati una rapida chiusura dell'inchiesta tecnico-formale che ANSV (Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo) aveva iniziato già poche ore dopo l'incidente.

E invece niente.

Dopo una dozzina di giorni (6 ottobre 2010), il sito ANSV riporta la notizia dell'avvenuta lettura delle scatole nere... poi cinque settimane di silenzio, fino a quando alcuni giornali riportano al notizia di una “lite” tra comandante e copilota nei minuti precedenti l'incidente. Siamo a metà novembre 2010, e l'ANSV prende giustamente posizione contro questa fuga di notizie.

Tanto più che la sbandierata “lite” si risolve in una breve frase del comandante all'indirizzo del suo copilota: “Che cazzo fai?”, avrebbe detto il comandante. Ora, non c'è bisogno di essere un esperto di linguistica o di sociologia per capire che una frase del genere, anche se può sembrare volgare, è ormai quasi normale perfino in una scuola materna, figuriamoci in un contesto lavorativo. I media, comunque, fanno il loro lavoro, che spesso è solo quello di cercare mostri da sbattere in prima pagina... niente a che vedere con la sicurezza del volo.

L'ANSV prende comunque una posizione ben precisa, ricordando che il contenuto delle registrazioni può essere utilizzato, conformemente all'Annesso 13 dell'ICAO, solo a fini di indagine e prevenzione di ulteriori incidenti. Dopo una tale, secca, presa di posizione, ci si sarebbe aspettati una rapida inchiesta, capace di chiarire (sempre a scopo di prevenzione, perché questo è il vero scopo delle indagini aeronautiche) la dinamica dell'incidente.

E invece niente.

Si arriva intanto a fine aprile 2011, e nel quadro del rapporto annuale (per il 2010) della propria attività, ANSV pubblica uno scarno riassuntino dell'accaduto che nulla toglie e nulla aggiunge a quanto già si sapeva fin dai primi minuti dopo l'incidente. Nel frattempo, come è ovvio, la magistratura ha aperto un'inchiesta, ipotizzando il reato di disastro colposo. La magistratura, comunque, fa il suo lavoro, che è quello di cercare i responsabili dell'accaduto... niente a che vedere con la sicurezza del volo.

E la magistratura il suo lavoro continua a farlo fino al 28 novembre di quest'anno, quando iscrive nel registro degli indagati il comandante e il copilota del volo (che nel frattempo sono stati licenziati), e lo fa sulla base di una consulenza tecnica d'ufficio che niente ha a che vedere con le indagini che ANSV è supposta, per dovere istituzionale, condurre.

Ma due giorni dopo, finalmente, ANSV esce dal suo silenzio ed emette una “raccomandazione di sicurezza” indirizzata alle massime autorità di sicurezza mondiali (EASA per l'Europa e FAA per gli Stati Uniti). L'oggetto di questa comunicazione? Un particolare strutturale che, come era già accaduto anche nel caso dell'ammaraggio nell'Hudson (ricordate il comandante Sullenberger?), avrebbe perforato il pavimento della cabina dei due aerei provocando in un caso (Hudson) il ferimento di un'assistente di volo e nell'altro (Palermo) il rallentamento delle operazioni di evacuazione dell'aereo.

E sulle vere cause dell'incidente di Palermo?

Ancora una volta, niente...

(1° dicembre 2011)

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