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Resilienza e sicurezza

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A livello di organizzazioni umane, la resilienza può essere espressa come la capacità delle persone di interpretare le situazioni in modo da rispondere a tutto ciò che non può essere previsto dalle regole, mettendo in opera degli adattamenti locali per mantenere l’efficienza del sistema.

Ogni attività operativa che si svolge in un ambiente con molte variabili e sotto vincolo temporale, come può essere anche l’aviazione, tenderà a richiedere un compromesso tra efficienza (intesa come capacità del sistema di andare avanti nonostante le perturbazioni esterne o degli imprevisti) e completezza delle operazioni (intesa come portare a termine il compito seguendo esattamente quanto previsto dalle regole).

Hollnagel lo definisce The ETTO principle, in cui ETTO è l’abbreviazione di Efficiency Thoroughness Trade Off (compromesso tra efficienza e completezza delle operazioni).

Laddove c’è un vincolo dettato dal tempo a disposizione, si mettono in atto scorciatoie,  aggiustamenti e modifiche rispetto a quanto previsto, per fare in modo che il sistema vada avanti. La dimostrazione pratica di questa osservazione è il fatto che quando si lavora applicando alla lettera le norme (working by the rule) ci si trova nella situazione di sciopero bianco, in cui l’interpretazione fiscale, notarile, delle norme provoca la paralisi dell’attività produttiva.

L’altra cosa su cui occorre effettuare aggiustamenti locali sono gli imprevisti, le situazioni non previste dalle norme. In quel caso, l’uso del buon senso, della professionalità, della conoscenza profonda del sistema, permette di ovviare alla mancanza di indicazioni normative attraverso un comportamento strategico, che mira al fine piuttosto che all’applicazione acritica delle procedure.

La resilienza si occupa proprio delle condizioni di equilibrio dinamico, che caratterizza gli ambienti complessi in continua evoluzione, in cui la tensione tra esigenze di ordine, di stabilità, che sono rappresentate dalle regole, ed esigenze di flessibilità, dettate dall’evoluzione stessa del sistema, deve trovare una sintesi.

L’uomo, all’interno di questi sistemi caratterizzati da variabilità, imprevedibilità, complessità, è colui che assicura la capacità di rispondere flessibilmente, mantenendo la stabilità della struttura. Quindi, è una concezione radicalmente diversa dall’approccio tecnocentrico, di derivazione ingegneristica, che vede nell’uomo la minaccia al funzionamento di un sistema altrimenti perfetto.

Secondo gli studiosi, con questo orientamento l’organizzazione resiliente sa delegare, è flessibile, è sensibile ai segnali deboli, è aperta all’apprendimento, non crea una blame culture (cioè non colpevolizza inutilmente per aver commesso degli errori), ottimizza la circolazione dell’informazione. In altri termini, sa apprendere prima che l’evento negativo accada.

Già nel 1950 Heinrich stimava che vi sia una dinamica tale per cui se vi sono migliaia di eventi anomali, ad essi siano collegati un certo numero di rischi, che provocano una quantità inferiore di incidents, che sono a loro volta in rapporto con gli accidents. Ciò significa che per ogni incidente grave ci sono stati migliaia di segnali deboli che lo potevano preannunciare.

Un’organizzazione basata sulla cultura della colpa tenderà a inibire la denuncia degli eventi minori, che sono lo strumento principale per avere un’idea del livello di rischio reale. In questo tipo di organizzazioni gli incidenti avvengono all’improvviso, nel senso che l’evento è sempre inaspettato. In questo modo, non rimane che adottare un metodo reattivo; solo dopo che l’incidente è avvenuto si prendono delle contromisure, che corrisponde al proverbio “chiudere la stalla quando sono scappati i buoi”.

Invece un’organizzazione resiliente tende ad abbassare le difese che gli individui adottano per proteggersi da atteggiamenti punitivi dell’organizzazione. Si riesce così ad avere la percezione reale della piramide degli eventi dalla quale si può apprendere, pianificare interventi preventivi, e correggere il sistema prima di arrivare all’incidente. Il metodo di apprendimento a livello organizzativo indaga i fenomeni alla radice, osservando, riportando, e capitalizzando le esperienze derivanti da tutti quegli eventi anomali che non hanno portato all’incidente.

Sempre secondo Erik Hollnagel: “la sicurezza non è qualcosa che l’organizzazione ha, ma ciò che l’organizzazione fa. Ciò crea il dilemma che la sicurezza si manifesta per lo più come assenza di qualcosa, nel nostro caso incidenti, piuttosto che per la presenza di elementi riconoscibili. L’occorrenza di un evento indesiderato non significa che la sicurezza ha fallito, ma che la sicurezza non è mai totale o assoluta.”

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(20 dicembre 2011)

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