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Vacanze romane

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Il film del 1953 che porta questo titolo non ha bisogno certo di recensioni. E non è senz'altro un film che si possa definire “aeronautico”. Tuttavia, dopo averlo visto e rivisto moltissime volte, solo pochi giorni fa ho fatto per la prima volta caso ad una scena aeronautica particolare.

Ad un certo punto arrivano da un paese esotico degli agenti incaricati di recuperare la principessa dispersa. Questo gruppo di giannizzeri arriva su un maestoso aereo dalle linee (per l'epoca) futuristiche. E finalmente mi si è accesa una lampadina: non si trattava del solito Constellation ma di un aereo italiano dalla storia incredibile.

Ho controllato, e in effetti i miei sospetti si sono rivelati fondati: si trattava di un Breda Zappata BZ-308. La svista è perdonabile, infatti l’aereo fu chiamato il “Constellation italiano” avendo linee molto simili al mitico aereo della Lockheed. Il prototipo rimase in cerca di acquirenti per diverso tempo, e così fu affittato per alcune scene del film di William Wyler con uno splendido Gregory Peck ed un’incantevole Audrey Hepburn.

La storia “dell’aereo che non doveva volare” è comunque un’icona dei tempi descritti dalla pellicola, che tra gli altri meriti ha anche quello di costituire uno dei rari documenti filmati dell’aereo. E’ l’immediato dopoguerra, e tra il ’46 ed il ’48 la sezione aeronautica di un colosso industriale italiano come la Breda tenta di uscire dalla crisi post bellica. In quel periodo, carico ancora delle aspettative di ricostruzione del Paese e della presenza viva della lotta partigiana, la tensione ideale per risorgere trovava terreno fertile nelle fabbriche ferme per i fatti bellici.

Gli imprenditori attendevano che si chiarissero i contorni politici della nuova nazione e i dirigenti addirittura scioperavano. Alla Breda l’aereo diventò una sfida per dimostrare che l’impegno dei lavoratori, la capacità tecnica e la sensibilità all’interesse nazionale dei lavoratori milanesi potevano realizzare il sogno di non veder chiudere un’azienda storica.

La fabbrica bombardata era stata ricostruita in fretta con grande entusiasmo e spirito di corpo. Lo stabilimento vantava l’unica mensa in cui impiegati, operai e tecnici mangiavano tutti insieme. Sembrò l’apoteosi dei Consigli di Gestione e il BZ-308 si trasformò in un mito per l’intera classe operaia milanese... un aereo “comunista” in un certo qual modo.

Per questo quando il prototipo fu pronto, la carlinga venne fatta sfilare attraverso Sesto San Giovanni, dove c’erano gli stabilimenti di costruzione, per andare verso le aviorimesse di Bresso dove sarebbe avvenuto l’assemblaggio finale. Il 10 luglio 1946 il settimanale socialista “Sesto Proletaria” in un articolo dal titolo “L’aeropulman Breda-Zappata 308 in viaggio terrestre da Monza a Sesto” scrive: “Il popolo sestese, che ai fasti della Breda, e in particolare della Sezione Aeronautica, si sente legato da una tradizione ultra ventennale di sacrifici e trionfi, si augura di poter ben presto sentire il rombo dei motori possenti che saetteranno nel cielo la nuova macchina alata, non più messaggera di strage, rovine e orrori, ma apportatrice di nuova civiltà”.

Si pensava di poter vendere quel magnifico aereo in tutto il mondo, ma si cullava più una speranza che un vero progetto industriale. In effetti, se lo sviluppo dell’aereo fosse andato avanti, l’Italia sarebbe divenuto il terzo paese al mondo a costruire un aereo intercontinentale, dopo inglesi ed americani. Ma gli Stati Uniti erano leader nella costruzione degli aerei e l’Italia era sottoposta alle severe restrizioni poste dall’armistizio. Passarono diversi anni prima che si potesse ottenere l’autorizzazione a produrre l’aereo da parte della Commissione Alleata di Controllo. In aggiunta i piani per gli aiuti alla ricostruzione, passavano anche per la rinuncia a certe velleità e la chiusura della Breda Aviazione fu uno dei prezzi da pagare.

Le ragioni del fallimento, però, non furono dovute soltanto agli interessi dell’industria aeronautica americana, ma alla crisi di riconversione e ristrutturazione della Breda nel suo insieme. La carenza di materie prime, di energia elettrica, di macchine utensili moderne e speciali per una produzione in grande serie, collegata alla mancanza di crediti che durante la guerra venivano dallo Stato, furono una parte importante dei fattori di crisi. Gli altri risiedevano nell’improduttiva dilatazione delle maestranze, nell’obsolescenza tecnologica e nella disorganizzazione di una produzione che aveva prosperato principalmente grazie alla protezione e alle commesse belliche del fascismo. La compagnia di bandiera italiana, finanziata da capitali anglo-americani, non ordinò l’aereo.

La progettazione dell’aereo era partita all’inizio degli anni ’40 e derivava dall’esperienza di uno dei maggiori progettisti aeronautici italiani di tutti i tempi, l’ing. Filippo Zappata presso i Cantieri Aeronautici e Navali Triestini (CANT), dove aveva costruito un idrovolante quadrimotore dalle prestazioni straordinarie: il CANT Z-511. Come Dassault, Zappata sosteneva che nel progettare occorre tener presente che la linea più aerodinamica è sempre quella più valida esteticamente. E il BZ-308 “Aeropulman” era veramente bellissimo, impreziosito dalle quattro eliche pentapala della Dowty-Rotol. Aveva un aspetto fantascientifico: unica pecca non aveva la cabina pressurizzata, che però sarebbe stata sviluppata per gli esemplari di serie.

Il prototipo del BZ 308 venne acquistato dall’Aeronautica Militare Italiana con la sigla SM-5 per le necessità di collegamento con l’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia. La breve carriera dell’ultimo aeroliner italiano vide finire i suoi giorni nell’aeroporto di Mogadiscio, il 21 febbraio 1954: nella fase di rullaggio dopo l’atterraggio l’aereo urtò una betoniera in pista e perse un pezzo d’ala. Considerando antieconomica la sua riparazione, fu abbandonato in terre somale. Ancora nel 2006 alcuni rottami erano visibili nella zona aeroportuale.

L'ingegner Zappata, morto a Gallarate nel settembre del 1994 due mesi dopo il compimento del 100° anno di vita, è sepolto nel cimitero della sua amata Ancona.

(14 febbraio 2012)

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