Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Il simulatore di volo

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

È relativamente recente l’interesse della gente comune per i simulatori di volo da casa, con play-station, video-game, touch-screen, e tutte le diavolerie che ci invadono quotidianamente, ufficialmente per migliorare la qualità della vita, ufficiosamente per succhiare ciò che rimane della corteccia cerebrale.

In aviazione invece la realtà virtuale esiste da molti decenni, e i piloti combattono da molto tempo con i simulatori di volo, che hanno una tecnologia elevatissima e sono in grado di riprodurre tutte le situazioni di volo, normali e di emergenza.

Adesso, in una scatoletta non più grande di un pacchetto di sigarette è contenuta una quantità di dati impressionante. Una volta, invece, un milionesimo di questi dati erano contenuti un’intera sala riempita di computer grandi come armadi. La differenza sostanziale non sta solo nelle dimensioni, ma anche nella resistenza ed affidabilità di questi computer. Infatti, quegli armadi enormi dovevano essere tenuti ad una temperatura specifica per poter inviare segnali al “bussolotto” che era il simulatore di volo.

Il simulatore è una specie di cabina di pilotaggio segata dal resto della fusoliera e posta su dei martinetti idraulici che servono a riprodurre la sensazione di accelerazione sulle persone all’interno della scatola magica. In pratica, i piloti agiscono sui comandi di volo e il computer deve mostrare la variazione dello scenario visivo che hanno davanti, più indurre un’accelerazione sui tre assi: petto-schiena, alto-basso oppure destra-sinistra.

Ad esempio, se dobbiamo simulare l’aereo che decolla, il pilota dentro il simulatore vedrà la pista davanti a sé che diminuisce in lunghezza, lo scorrimento della visione laterale che diventa sempre più rapido, inducendo la sensazione di velocità. La percezione visiva viene integrata dalle simulazioni degli altri sensi, per dare l’idea della realtà virtuale. Infatti, ciò che il pilota dentro il simulatore vede, arriva in contemporanea con una pressione sul petto (perché quando acceleriamo la pressione va orizzontalmente dalla parte anteriore a quella posteriore del torace). Visto da fuori, il simulatore non fa altro che cabrare (cioè ruotare verso l’alto) improvvisamente. Viceversa, quando si frena, un osservatore esterno noterà un’improvvisa picchiata, perché l’accelerazione da riprodurre è schiena-petto.

Qualsiasi pilota che entri nel simulatore sa che le situazioni proposte sono “finte”, cioè che qualsiasi cosa succeda non si è comunque in pericolo di vita. Eppure, dopo dieci minuti la realtà virtuale prende il sopravvento sulla consapevolezza e il pilota “è” in emergenza. Per gestire la situazione di emergenza suda, si agita, ha il battito accelerato, che serve a fronteggiare una situazione stressante. Non c’è niente che faccia pensare ad un sogno o ad una finzione.

Molti piloti soffrono la “sindrome da simulatore”, nel senso che hanno una prestazione meno brillante di quella che avrebbero normalmente, anche in presenza di un’emergenza e questo ha diverse radici. Tanto per cominciare, nel simulatore si viene valutati. Infatti, dietro i due piloti impegnati nella condotta ce n’è un’altra che imposta i dati su un pannello situato nella parte posteriore della cabina. Questa persona può essere un istruttore oppure un esaminatore.

La persona che gestisce il pannello può modificare le condizioni meteorologiche, introdurre avarie negli impianti di bordo, cambiare le condizioni della pista (asciutta, bagnata, innevata, etc.). Inoltre, svolgerà il ruolo di controllore di volo che comunica le istruzioni ai piloti, fingerà di essere l’assistente di volo che interagisce dalla cabina passeggeri, sarà il meccanico che ci assiste durante la messa in moto dei motori, risponderà a qualsiasi messaggio inviato agli enti di compagnia. Insomma, è un tuttofare. Pur con tutti questi compiti, deve osservare il comportamento dei due piloti e valutarne l’adeguatezza agli standard operativi di compagnia. Quindi, occorrerà prendere appunti sugli elementi salienti della missione.

Insomma, dentro il “bussolotto” tutti sono impegnati molto più che in un normale volo di linea, per la quantità e la qualità degli avvenimenti che devono gestire. Non è strano perciò che si sudi.

Alla fine della missione, comincia il de-briefing per condividere insieme le esperienze vissute in quattro ore di simulatore. Questa è una fase molto importante perché è qui che si sedimenta l’esperienza, si incamera una fetta di professionalità. Chi osserva da dietro ha una visione meno coinvolta nell’interazione di bordo e riesce a valutare meglio la prestazione. Un de-briefing medio si basa sul commento delle azioni osservate, cercando di trarre un insegnamento per il futuro, fornendo degli strumenti per affrontare le stesse situazioni nei rari casi in cui dovessero capitare in volo.

Affinché i piloti capitalizzino al meglio questa esperienza è necessario però un clima di fiducia, sapendo che ognuno gioca per cooperare all’aumento della sicurezza generale di sistema. Guai se queste occasioni addestrative dovessero essere percepite come strumenti di controllo, che nulla hanno a che fare con la professione.

Insomma, dentro il simulatore si deve sudare per affrontare delle situazioni di emergenza, non per paura di perdere il posto di lavoro.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(26 marzo 2012)

RSS
RSS