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Se vince la paura

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Abbiamo detto che la paura, lungi dall'essere totalmente negativa, consente di prendere coscienza della situazione, protegge e prepara alla reazione, genera una risposta psico-dinamica fondamentale, capace di dare luogo a comportamenti di prevenzione idonei a reagire attivamente all’emergenza.

Ma cosa succede se, di fronte ad un pericolo, c’è una sopraffazione emotiva? Ebbene, la paura si trasformerà in panico, e anziché avere delle risposte fisico comportamentali da eustress si verificherà una degenerazione delle capacità cognitive, dettata dal distress, che innescherà comportamenti non benefici e porterà a compiere azioni irrazionali.

Corpo e cervello non comunicano più tra loro o lo fanno in maniera errata. Un senso di vulnerabilità, di ansietà e di panico domineranno; il timore di fallire e il panico porteranno la mente  in una situazione di stallo: le funzioni della memoria, che rivestono una notevole importanza poiché permettono di utilizzare tutta la strumentazione e ricordare le procedure, vengono compromesse perché non riescono a valutare correttamente l’acquisizione di nuove informazioni. I processi visivo-spaziali, che consentono l’orientamento nello spazio tridimensionale, sono sfavoriti a tal punto da non avere una giusta visione prospettica della situazione che si sta vivendo.

La comunicazione sarà frammentaria o si potrà cadere nel silenzio, e le capacità di prendere delle decisioni saranno influenzate dalle scorciatoie (shortcutting) che si è portati a prendere. Queste scorciatoie, che influiscono sul processo di decisione, sono state individuate da Giora Keinan, psicologo dell’università di Tel Aviv il quale, dopo aver fatto uno studio intensivo sugli effetti dello stress nella selezione delle alternative possibili, ha suggerito 3 meccanismi che possono influenzare le decisioni sotto stress.

Il primo è quello della “chiusura prematura”: la formazione di decisioni avviene senza aver valutato tutte le possibili soluzioni. Questa scorciatoia è una conseguenza del tunnel cognitivo che fa si che, sotto stress, le decisioni vengano prese valutando solo una piccola parte delle informazioni e ignorando tutto il resto. Ciò ovviamente lascia una bassa gamma di scelte possibili. Questa chiusura prematura manifesta un carattere impulsivo. L’impulsività è uno dei modelli comportamentali pericolosi in aviazione.

Il secondo è la “scansione non sistematica”: riguardando le possibilità queste vengono viste in modo disorganizzato e senza ordine logico. Le persone vanno avanti e indietro nel ragionamento valutando le possibili alternative in modo causale. Questo modo di fare è sintomo dell’ipervigilanza. Ma se l'aumento della vigilanza con moderati livelli di stress (eustress) è un bene, l’ipervigilanza è patologica, e deriva tra l'altro anche da fattori come la perdita del sonno (condizione a cui spesso sono soggetti i naviganti).

Vale la pena di ricordare che senza sonno i centri cerebrali che regolano le risposte emotive reagiscono in maniera drammaticamente eccessiva alle esperienze negative. Questa risposta iper reattiva da deprivazione di sonno è dovuta ad un abbassamento delle funzionalità dei lobi prefrontali, che normalmente supervisionano lo stato emotivo.

Il terzo meccanismo capace di influenzare negativamente le decisioni sotto stress è il “restringimento temporale”: tutte le opzioni devono essere considerate in un tempo insufficiente. Ciò non consente di vedere e valutare in modo ottimale tutte le possibili soluzioni.

Il distress, derivante da una situazione che giudichiamo superiore alle nostre possibilità, porta ad una predominanza delle emozioni rispetto alla ragione facendo cosi venir meno quel giusto mezzo aristotelico che vede nell’”intelligenza emotiva” la capacità di esprimersi e reagire.

(6 aprile 2012)

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