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A quanto andiamo?

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La domanda, ai tempi in cui, almeno durante le fasi di crociera, si potevano ancora accettare visite in cabina di pilotaggio, era una delle più gettonate: “Comandante, ma a quanto stiamo andando?” Domanda apparentemente semplice, ma come molte domande semplici ha, in aereo, una risposta complicata.

L'aereo infatti non è come la macchina, dove basta guardare il tachimetro (o, se non lo si è fatto in tempo utile a frenare, leggere il verbale dell'autovelox) per conoscere la propria velocità.

Sull'aereo la misura della velocità si effettua tramite i famosi (tristemente famosi, dopo l'incidente di AF 447) tubi di Pitot i quali, misurando l'entità della pressione dinamica causata dall'impatto dell'aria, fanno funzionare l'anemometro di bordo.

La mia prima risposta, infatti era: “Sta scritto lì -indicando appunto lo strumento- sono 250 nodi.”. Al che seguiva inevitabilmente la “traduzione” dei nodi in km/h, e la altrettanto inevitabile contestazione: “Ma sugli schermi che sono in cabina passeggeri c'è riportata una velocità molto più elevata.”

E qui, appunto, la questione si complica e la risposta diventa ingarbugliata, perché di velocità da misurare ce ne sono almeno tre.

Quella che si legge sull'anemometro è una velocità che noi chiamiamo IAS (Indicated Air Speed) e tutto è, eccetto che la vera velocità alla quale l'aereo sta volando. Il tubo di Pitot infatti, come abbiamo appena detto, registra la pressione dinamica dell'aria, ma questa, all'aumentare della quota, si fa via via più rarefatta. A parità di velocità di avanzamento, dunque, la pressione sarà inferiore, con la logica conseguenza che il valore letto sullo strumento sarà più piccolo del reale, a meno che non si stia volando al livello del mare... cosa non esattamente raccomandabile per ovvie ragioni di sicurezza.

Esiste quindi anche la cosiddetta TAS (True Air Speed), che è la velocità vera alla quale l'aereo si sta spostando dentro alla massa d'aria che lo circonda. Sugli aerei moderni, i computer si incaricano del calcolo (anche se a volte sbagliano, come sempre il caso di AF 447 dimostra), ma anche in epoca pre-informatica si riusciva a conoscere la TAS, mediante l'uso di appositi regoli calcolatori che tenevano in conto IAS, quota di volo e temperatura dell'aria.

Ma anche la nostra velocità “vera”, non è in realtà così vera, perché è riferita alla massa d'aria, e non tiene conto degli eventuali movimenti della massa d'aria stessa rispetto al terreno. Movimenti della massa d'aria che vanno volgarmente sotto il nome di “vento”, il quale può favorire o ostacolare (a volte anche in maniera considerevole) l'avanzamento dell'aereo.

Se alla TAS sommiamo (o sottraiamo) gli effetti del vento, allora arriviamo finalmente a una risposta coerente con le indicazioni che i passeggeri leggono sugli schermi di bordo: abbiamo trovato la GS (Ground Speed, velocità rispetto al terreno)... ora sappiamo davvero “a quanto stiamo andando”. Anche questo ulteriore calcolo si poteva fare con il regolo (il vecchio e glorioso “regolo Jeppesen”), ed è oggi effettuato in tempo reale dagli apparati di bordo.

Siamo quindi partiti da una velocità indicata (IAS), per arrivare a una misura direttamente rapportabile all'esperienza terrestre, la GS. A questo punto della spiegazione, però, la maggior parte dei curiosi visitatori aveva già abbandonato annoiata il cockpit. I pochi che riuscivano a  sopportare eroicamente il tutto, invece, additando il nostro anemometro, non potevano fare a meno di sbottare in un: “Ma allora quello che ce lo tenete a fare?”.

Ebbene, ce lo teniamo perché “quello”, con tutti i suoi errori, è in pratica un misuratore di “pressione dinamica”, la sua indicazione di velocità (la famosa IAS) è diretta espressione della pressione dinamica che agisce sulle strutture dell'aeroplano, sulle sue ali. E le ali si trovano a lavorare nella stessa aria rarefatta in cui lavora il nostro tubo di Pitot.

Se vogliamo avere un'indicazione attendibile dei margini di manovra che momento per momento abbiamo nei confronti delle velocità minime di sostentamento in aria o di quelle massime strutturali, il vecchio anemometro rimane l'unico strumento in grado di fornircele.

Quando queste indicazioni vengono a mancare (o sono presentate in maniera incoerente) far volare l'aereo può diventare un'impresa difficilissima, a volte impossibile... proprio come è capitato ai piloti dell'Air France 447.

(12 aprile 2012)

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