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La cultura del margine

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In aviazione c’è oggi la consapevolezza che non sono i sistemi che creano sicurezza, ma è l’intervento continuo, pervasivo, intelligente dell’uomo: sono questi interventi che riescono a rendere flessibile un sistema che per sua natura flessibile non è.

Proprio questa flessibilità, che è nascosta ad un osservatore esterno, è ottenuta grazie a delle strategie che gli operatori adottano, come creare dei margini sull’errore, utilizzando dei trucchi del mestiere derivanti dall’esperienza, ricorrendo al controllo incrociato, a degli aiuti mnemonici. Tutte attività che rientrano nel campo delle euristiche, cioè come portare a termine il proprio compito avvalendosi di strategie finalizzate all’obbiettivo. Gli errori emergono proprio dalla stessa radice che permette di lavorare meglio, semplicemente perché le risorse a disposizione non sono infinite, il sistema estremamente complesso, il tempo limitato.

Tra l'altro, anche delegare una serie sempre crescente di funzioni agli automatismi, se da un lato risolve alcuni problemi, finisce col generarne altri. La vera risorsa in grado di creare valore aggiunto, per la sua elevata flessibilità, che rende un sistema resiliente è, con tutte le sue limitazioni, proprio l’uomo.

Una mentalità che ha portato a risultati notevoli in aviazione nel creare sicurezza è la cultura del margine, in cui ogni operazione viene sempre controllata indipendentemente da un altro pilota, in cui le operazioni vengono condotte abbondantemente entro i limiti massimi, per far si che una involontaria eccedenza, un errore, un imprevisto siano corretti per tempo.

Un esempio semplice è la raccomandazione di mantenere una velocità massima di 250 kts. sotto 10000 ft. o all’interno delle aree terminali. Di per sé l’aereo potrebbe volare a velocità molto maggiori, senza alcun problema e potrebbe essere in grado di atterrare con la stessa regolarità di chi viaggia più lento.

Il razionale che si cela dietro questa norma è che nelle aree terminali il traffico è intenso e a velocità relativamente bassa la manovrabilità dell’aereo è maggiore (in termini di possibilità di decelerazione improvvisa, di minori ratei di discesa, di minori raggi di virata, di compatibilità della velocità con la configurazione di avvicinamento intermedio e di atterraggio). Inoltre, il comfort dei passeggeri aumenta di molto. In termini di tempo, la differenza tra un avvicinamento condotto alla massima velocità ed uno condotto a 250 kts. è inferiore ad un minuto.

Oltre questi motivi, pensiamo anche ad un potenziale conflitto di traffico, con il TCAS (lo strumento che segnale l’eccessiva vicinanza di altri aerei in rotta di collisione) che si attiva segnalando la necessità di scendere più in fretta. Se già siamo alla velocità massima, con l’aerofreno esteso e una velocità verticale sostenuta, da dove possiamo attingere ulteriore margine? Non ne abbiamo, a meno che non eccediamo le limitazioni di velocità dell’aereo che, però, è una condizione che deve essere considerata di emergenza.

Quindi, in questo caso, volando al limite delle prestazioni, non abbiamo nessun margine per poter recuperare un evento imprevisto. Come dice un detto comunemente usato tra i piloti: il bravo pilota è quello che non deve mai dimostrare quanto è bravo.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(18 maggio 2012)

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