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Il disastro di Ferragosto

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Il “disastro aereo” di Ferragosto 2012 si è consumato, una volta tanto senza vittime... a meno che non si vogliano definire tali le migliaia di passeggeri che, convinti di avere acquistato un biglietto aereo, si sono ritrovati in mano un pezzo di carta straccia.

Stiamo ovviamente parlando del popolo di viaggiatori inferociti che hanno scoperto, spesso davanti al banco del check in, che il loro volo non c'era, e che la compagnia che avrebbe dovuto assicurarlo (e che aveva incassato i relativi soldi) in pratica non esisteva più.

Niente liquidità per comprare il carburante, debiti da pagare alle società di gestione aeroportuale, aerei fermi per mancanza di manutenzione, personale di volo e di terra senza stipendi: questa la disastrosa situazione in cui nelle settimane più calde per il trasporto aereo, quelle di piena estate, si è ritrovata infatti la compagnia low-cost siciliana Wind Jet, per la quale ormai da mesi si prospettava l'acquisizione da parte di Alitalia.

Annunciato col clamore che si addice alla creazione di un grande polo aeronautico nazionale, il matrimonio a tre tra Blu Panorama, Wind Jet e Alitalia, ha presto cominciato a perdere pezzi. Già dopo poche settimane, la compagnia charter Blu Panorama si è sfilata, e sul perché, di spiegazioni convincenti non ce ne sono, se si esclude qualche allusione a un assetto societario definito eufemisticamente “fumoso”.

Sono invece andati avanti i contatti tra Wind Jet e Alitalia, nel quadro di quella che viene definita due diligence, ovvero la stima del valore che gli assetti di una compagnia possono avere, e che riguardano principalmente le voci aerei, dipendenti, permessi di atterraggio (i famosi slot, che hanno un notevole valore economico), debiti verso banche ed enti di gestione, crediti di bilancio, etc.

E qui le cose hanno cominciato a ingarbugliarsi, e si è venuto gradualmente delineando un quadro sensibilmente peggiore, a detta di Alitalia, di quello inizialmente prospettato. Il culmine pare si sia raggiunto con l'invio a Catania di un gruppo di comandanti che avrebbero dovuto affiancare i loro colleghi di Wind Jet nella fase di transizione. Fonti ben informate affermano che la situazione alla quale si sono trovati davanti nelle operazioni di tutti i giorni, con particolare riguardo alla manutenzione di aerei, che anziché essere in linea se ne stavano fermi negli hangar di una società di manutenzione, era tale da lasciare ipotizzare un aggravio di spese di diverse decine di milioni di euro.

A questo si è aggiunto il “nodo slot”. Secondo l'Antitrust, Alitalia avrebbe dovuto cedere una parte dei suoi diritti di atterraggio su Linate per poter acquisire quelli di Wind Jet... i quali però paiono non appartenere alla compagnia siciliana, che li eserciva per conto di altri: in pratica Alitalia avrebbe perso alcuni dei suoi slot senza poter acquisire quelli di Wind Jet... tipico pasticcio all'italiana, con grossi risvolti di carattere economico.

Al di là del balletto di accuse e controaccuse (che sarà chissà quando risolto nelle aule dei tribunali), il quadro che emerge da questa vicenda è quello di un ambiente, quello dell'aviazione commerciale italiana, dove in nome di un malinteso senso della libertà di impresa (e anche in nome di amicizie, politiche e non) troppo spesso si è lasciata mano libera a personaggi che, con il loro comportamento a dir poco disinvolto, hanno dato origine a casi simili.

Risultato? Compagnie nate e morte nel giro di pochi mesi, salvataggi fatti pesare sulle tasche dei contribuenti, bancarotte fraudolente: da Air Sicilia a Volare, da Air One alla vecchia Alitalia, passando per My Air e altre vicende ormai dimenticate dall'opinione pubblica ma ancora vive nei ricordi di chi ci si è trovato coinvolto, la storia recente dell'aviazione commerciale italiana offre un panorama che definire desolante è fin troppo generoso.

E chi doveva sorvegliare, gli enti statali a ciò preposti per legge, troppe volte non hanno visto, o hanno fatto finta di non vedere. Come l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, che a distanza di quasi due anni non ha ancora chiuso l'inchiesta sull'incidente, sempre della Wind Jet, a Punta Raisi.

E ENAC? Dove guardava ENAC quando la situazione debitoria di Wind Jet si andava facendo preoccupante? O quando, con mossa degna delle migliori furbate italiche, Pulivirenti, padrone di Wind Jet vendeva alla compagnia il marchio Wind Jet, appartenuto fino ad allora (2010) a una catena di ipermercati (sempre di sua proprietà) per la modica cifra di 10 milioni di euro mettendo così quei soldi al riparo dall'ormai annunciato crac?

ENAC, che per statuto ha il compito di sorvegliare che le compagnie predispongano “un efficiente piano operativo che eviti cancellazioni e ritardi prolungati dei voli e i conseguenti disservizi per i passeggeri” ha preferito guardare dall'altra parte, e si è a posteriori giustificata asserendo di non essere intervenuta bloccando la vendita dei biglietti qualche mese fa (quei biglietti che sono poi stati comprati dai passeggeri inferociti portati nelle nostre case da tutti i telegiornali) perché aveva ritenuto di non intervenire con poteri censori proprio al fine di agevolare la trattativa in corso con Alitalia... che è più o meno come, dopo una bella intossicazione alimentare, sentirsi dire dai NAS che loro sapevano benissimo che il tal ristorante serviva cibi avariati, ma che non erano intervenuti perché era in corso una trattativa di vendita...

E del resto anche ENAC ha le sue brave difficoltà a garantire il suo ruolo di controllore, stretta com'è da problemi finanziari che impediscono il regolare turn over dei suoi ispettori: pare che ne siano rimasti solo nove (a fronte degli almeno 25 necessari) e che il governo non sia intenzionato a fornire i fondi per ristabilire gli effettivi.

E anche questo la dice lunga sullo stato del “sistema aviazione commerciale” in Italia.

(23 agosto 2012)

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