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L'Aquila vola...

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Sembrerebbe un’allocuzione pleonastica se riferita all’uccello, ma parlando dell’aeroporto della città abruzzese, diviene più problematica. Il tema è stato posto a margine di un convegno tenuto in occasione dell’Italy Aviation Day Expò presso la struttura di Preturo lo scorso 15 e 16 settembre.


Vogliamo sfruttare l’occasione per parlare in modo ampio delle questioni che riguardano l’apertura e l’esercizio di servizi commerciali presso scali semi-abbandonati.

L’aeroporto di Preturo viveva la sua vita tranquilla di provincia grazie al locale AeroClub, che nel corso degli anni era arrivato a brevettare fino a 300 piloti l’anno, un risultato di tutto rilievo. Poi ci fu il terremoto del 6 aprile 2009 e la struttura fu di vitale importanza per i soccorsi. Nel luglio il governo decise di giocare la carta del Summit G8 per dirottare sia i fondi che l’attenzione mondiale sulla città martoriata. In soli tre mesi l’aeroporto di Preturo fu messo in condizione di ricevere in sicurezza i grandi di tutto il mondo ed una decina di ATR-42, più elicotteri e jet executive affollarono l’aeroporto per i tre giorni del convegno.

Finita la festa, le amministrazioni locali iniziarono ad accarezzare l’idea di utilizzare i lavori svolti per l’emergenza al fine di attivare servizi aerei commerciali. Ad oggi l’impresa non è riuscita anche se un tentativo della società Air Vallée di istituire collegamenti con Milano è stato fatto, e ad oggi siano in corso contatti con WingsJetAir.

Quali sono le variabili che entrano in gioco? Non poche per la verità: da una parte c’è l’organizzazione e la gestione dell’aeroporto e dall’altra l’attivazione e la gestione dei servizi aerei. Circa gli aeroporti, abbiamo già accennato a diverse delle variabili in campo (vedi “A ciascuno il suo aeroporto”), e partendo dall’esempio di Preturo, possiamo ricordarne alcune.

La situazione orografica e fisica dell’aeroporto è il punto di partenza, ma fondamentale è anche capire le condizioni meteorologiche nell’arco dell’anno e mettere in opera le relative assistenze al volo, in modo da consentire di atterrare sia di notte sia col cattivo tempo. Un servizio di linea regolare deve essere appunto regolare, altrimenti i passeggeri non lo scelgono. A L’Aquila al momento non esiste una procedura d’atterraggio che permetta delle minime soddisfacenti, e si ipotizza di sviluppare il sistema EGNOS (basato sul GPS) ma ovviamente il tutto è legato alle certificazioni europee e nazionali.

Regolamentazioni internazionali e nazionali che influenzano anche tutte le altre attività indispensabili per attivare dei servizi regolari. Facendo un breve elenco: sono necessarie strutture e personale per il soccorso, soprattutto antincendio, strutture e personale per il controllo del traffico aereo, controlli di sicurezza e ordine pubblico, distribuzione dei carburanti, assistenza a terra alle compagnie ed ai passeggeri, manutenzione degli aerei, servizi accessori etc.

La società di gestione incaricata di fornire quanto necessario, di solito è un ente pubblico che può anche decidere di sostenere il costo necessario ad avere un servizio aereo. Naturalmente tale costo è ripartito sui costi generali dell’ente locale ed in definitiva dello Stato. Secondo le analisi, sia di ENAC sia di Banca d’Italia, in ogni caso i costi da affrontare per tenere aperto al traffico commerciale un aeroporto si aggirano sui 4 milioni di euro annui (a costi 2010). E' possibile ammortizzare questi costi a partire da 500.000 passeggeri annui, in ogni caso, le statistiche riportano pareggi di bilancio delle gestioni aeroportuali a partire da 5 milioni di passeggeri annui.

Dal lato volo poi abbiamo la necessità che una (o più) compagnie aeree decidano di operare dall’aeroporto in questione. Anche qui alla base di tutto ci sono le regole e le certificazioni europee e nazionali, perché il vettore deve essere titolare di una licenza COA (Certificato di Operatore Aereo).

Il COA attesta che la compagnia aerea ha la capacità professionale e l'organizzazione aziendale necessarie ad assicurare l'esercizio dei propri aeromobili in condizioni di sicurezza e nel rispetto dei regolamenti italiani e comunitari. Possimao dunque dire che anche il COA è un costo, in quanto bisogna avere aerei, personale e procedure certificate e controllate.

Poi l’operatore aereo interessato inizia la sua indagine sulla sostenibilità economica e tecnica dei collegamenti aerei da implementare. La prima indagine è quella di mercato, sia inteso come geomarketing sia come benchmark. A questa indagine sarà collegata la scelta del tipo di aereo da impiegare, e quindi la valutazione dei costi da affrontare ed il numero di voli da sviluppare.

Nell’area della provincia dell’Aquila sono stimati circa 1.250.000 turisti annui ripartiti su motivazioni ambientali (i tre parchi che interessano la provincia), tesori d’arte e culturali, pellegrinaggi religiosi, enogastronomia e zone di villeggiatura sia estive che invernali (essenzialmente impianti sciistici); a questi vanno aggiunti i movimenti per affari, di tutto rilievo, sostenuti dall’area industriale della città appenninica. Ipotizzando una ripartizione per modalità di trasporto standard si può calcolare che il 7,5% del totale scelga il trasporto aereo, vale a dire 93.500 passeggeri annui. Naturalmente si tratta di discorsi del tutto approssimativi, e in condizioni eccezionali si potrebbe arrivare anche a percentuali molto superiori.

Il discorso successivo sarà la progettazione delle frequenze utili ad intercettare i flussi di traffico, in teoria servirebbero almeno due collegamenti giornalieri per ogni tratta ipotizzata al fine di intercettare tutto il traffico: in mancanza di risorse adeguate (numero di aerei etc.) si ripiegherà sui giorni di maggior richiesta, posto che si riesca ad individuarli, e poi si inizierà a volare...

...per un’aquila è tutto più semplice.

 

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