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Aerofantasmi

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Il confine tra la vita e la morte è, nel migliore dei casi, oscuro e vago. Chi può dire dove finisce l’una e dove inizia l’altra? Edgar Allan Poe.
Edward “Eddie” Rickenbacker, asso della caccia statunitense della I Guerra Mondiale (26 vittorie), e tra i fondatori della Eastern Airlines, probabilmente pensava qualcosa di simile.


Eddie, che aveva sofferto esperienze terribili in un paio di incidenti aerei, aveva nel 1967 inviato la sua autobiografia a tutti i dipendenti. Nelle righe di accompagnamento accennava alle sofferenze che aveva vissuto, descrivendo nel testo del libro i dieci giorni tra la vita e la morte nel suo primo incidente, che definiva come un “affaccio sulla porta della morte”. In ogni caso ebbe la possibilità, prima di morire (23 luglio 1973), di vedere accadere qualcosa di veramente incredibile alla sua compagnia.

Nella storia dell’aviazione è accaduto un po’ di tutto, perfino un fatto che molti hanno rubricato come paranormale, le conseguenze extrasensoriali di un incidente capitato ad un volo proprio della Eastern Airlines nel dicembre del 1972. Parliamo del volo EA 401, protagonista di un CFIT nelle Everglades.

Dopo l’incidente fiorì un’inverosimile leggenda: molti parlarono dell’apparizione sui voli Eastern dei fantasmi di alcuni membri dell’equipaggio. Secondo questa leggenda le apparizioni avvennero sugli aerei che montavano alcune parti recuperate dal relitto dell’aereo incidentato.

Il disastro aereo avvenne il 19 dicembre 1972 ad occidente dell’aeroporto internazionale di Miami nella zona paludosa (una delle aree umide più grandi del mondo) del parco nazionale delle Everglades. Protagonista un Lockheed L-1011/385 TriStar 1 (che la compagnia aveva ribattezzato Whisperliner, l'aereo che sussurra), da poco in flotta, marche N310EA.

Le indagini espletate dall’NTSB accertarono che a causa di un paio di apparati difettosi l’equipaggio si distrasse pericolosamente fino a perdere la cognizione che l’aereo stava scendendo lentamente dopo una riattaccata effettuata a causa di una spia del carrello anteriore malfunzionante. La procedura di verifica richiedeva la discesa nel vano elettronico anteriore di un membro d’equipaggio, operazione che richiedeva diverse manovre piuttosto laboriose. Questo fatto e la configurazione dei comandi di volo, riguardo all’autopilota, che poteva essere sganciato con una leggera pressione sui comandi, contribuì al verificarsi del disastro. Due problematiche tecniche, apparentemente poco rilevanti, (poi sistemate dal costruttore), ma avvenute a bassa quota, ridussero la consapevolezza dell’equipaggio circa la posizione spaziale dell’aereo.

Il controllore radar si accorse per tempo della discesa dell’aereo, ma usò una fraseologia poco comprensibile per non offendere i piloti e per evitare di interpretare in maniera troppo protettiva quanto vedeva sullo schermo. A quei tempi gli schermi radar dovevano essere interpretati in maniera analogica e spesso davano immagini sbalzate di quanto rilevavano, questo contribuì alla scelta del controllore di usare una modalità di avvertimento all’equipaggio piuttosto “soft”. Purtroppo, pochi istanti dopo l’impatto, il controllore capì che la scomparsa della traccia dallo schermo era dovuta ad un fatto reale.

A seguito dell’incidente furono implementati corsi di Cockpit Resource Management per gli equipaggi di condotta degli aerei con molteplici membri d’equipaggio. Il volo 401 divenne, ed è, uno dei casi di studio di questi corsi di formazione professionali, indirizzati ad ottimizzare le prestazioni umane dei gruppi che conducono mezzi complessi.

In cabina di pilotaggio erano presenti: il comandante Robert Albin Loft, il primo ufficiale Albert John Stockstill ed il tecnico di volo Donald Luis Repo, membri di condotta in servizio, ai quali si aggiunsero due “fuoriservizio”: il copilota Warren Terry, ed uno specialista della manutenzione Angelo Donadeo. Il comandante morì nel relitto dell’aereo, in attesa di essere soccorso, i due copiloti rimasero uccisi sul colpo, il tecnico di volo morì dopo il ricovero in ospedale, mentre lo specialista della manutenzione, sebbene gravemente ferito, sopravvisse.

L’incidente del volo 401 fu il primo a coinvolgere un aereo a fusoliera larga, uno wide body, o jumbo jet, come vennero chiamati all’epoca. L’aereo venne in contatto con la superficie delle Everglades in virata ad una velocità di circa 365 chilometri orari. Sopravvissero in tutto 77 persone grazie all’effetto di assorbimento dell’energia dell’impatto da parte della palude, che impedì anche al combustibile di prendere fuoco dopo l’impatto. I pescatori di rane in quella zona con i loro airboard furono i primi a soccorrere i feriti ed alcuni di essi tennero un comportamento di puro eroismo.

Le notizie circa strane coincidenze iniziarono subito a causa di una premonizione avuta da una assistente di volo, che per una casualità fu sbarcata dal volo prima della partenza da New York. Seguirono le segnalazioni di una ventina di “apparizioni” dei membri di equipaggio morti nel disastro, una perfino capitata ad uno dei vicepresidenti della compagnia. I dirigenti dell’azienda, preoccupati dalla flessione delle prenotazioni, scoraggiarono concretamente la circolazione di queste “dicerie”, ma pare che sbarcarono dagli aerei della flotta i pezzi recuperati dall’incidente.

L’amministratore delegato della compagnia, l’ex astronauta Frank Borman, citò addirittura in giudizio gli autori di un libro e di un film sulla vicenda. Il libro, intitolato The Ghost of Flight 401, e scritto da John G. Fuller, ed il film col medesimo titolo di Steven Hilliard Stern con Ernest Borgnine e Kim Basinger, sposano la tesi degli spiriti che non erano passati “oltre”.

(25 settembre 2012)

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