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Emergenza carburante - III

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(segue) Dicevamo pochi giorni fa che la tendenza a limitare la discrezionalità dei comandanti nel determinare la quantità di carburante da imbarcare prima di un volo non è più solo un problema di certe compagnie low-cost, ma si va generalizzando.


Non è ovviamente intenzione di Manuale Di Volo gettare la croce sopra questa o quella compagnia: noi ci limitiamo ad osservare i fatti, a commentarli da un punto di vista professionale, e a cercare di trarne un qualche insegnamento.

Ci interessa anche provare a capire se certe situazioni limite nascano da un fortuita combinazione di fattori negativi, o se viceversa siano frutto di politiche aziendali che, magari al di là delle intenzioni di chi le ispira, fungano da “innesco” a eventi potenzialmente pericolosi. E per quello che riguarda Alitalia, qualche avvisaglia c'era stata.

Il 5 luglio dell'anno scorso un A-320 in rotta da Linate a Fiumicino, impossibilitato ad atterrare a causa del cattivo tempo e non potendo dirigere sul vicino Ciampino (brutto tempo anche lì), sceglie di andare a Pisa, ma tra attesa su Roma e volo verso Pisa, il final reserve fuel viene intaccato, e quindi scatta l'emergenza.

Un anno più tardi, il 17 luglio, arriva la richiesta di priorità all'atterraggio da parte di un altro volo Alitalia, stavolta su Punta Raisi, dove un'avaria a un aereo Ryanair sul piazzale aveva provocato attese e ritardi.

Tra questi due eventi, c'è da segnalare l'avvio di una campagna di incentivazione alla riduzione dei costi, campagna che si è esplicitata essenzialmente con l'invito agli equipaggi a limitare l'imbarco di carburante extra in cambio di un bonus economico. L'iniziativa non ha mancato di causare reazioni negative da parte dei piloti, che ci hanno ravvisato una pressione indebita in un campo, quello della sicurezza del volo, che non dovrebbe andare soggetto a “transazioni” di tipo economico.

La polemica si è recentemente rinfocolata quando FIT CISL ha denunciato che alcuni piloti suoi iscritti erano stati oggetto “di telefonate informali da parte di esponenti dello staff aziendale, tendenti a richiedere giustificazioni in merito alle quantità di carburante imbarcate durante la normale attività di linea”.

A coronare il tutto, l'atterraggio di un A-330 sull'aeroporto di Hohhot, in Mongolia interna, dove aveva dirottato a causa della fitta nebbia presente su Pechino. Costretti a interrompere la manovra di avvicinamento, i piloti hanno deciso di andare all'alternato che non era il vicino Tianjin, ma appunto Hohhot, distante quasi un'ora di volo. Non è chiaro il perché di questa scelta, dato che a Tianjin c'era sì un po' di foschia, ma la visibilità era nettamente migliore che a Pechino, ma pare che gli enti di controllo cinesi siano restii ad autorizzare diversioni non programmate su Tianjin: è un problema noto sia agli equipaggi italiani che ai loro omologhi di altre nazionalità.

Comunque sia, rendendosi conto che sarebbero arrivati a questa nuova destinazione con un quantitativo di carburante inferiore al famoso final reserve fuel, i piloti hanno correttamente dichiarato emergenza, ottenendo rotte dirette, quote ottimali e priorità all'atterraggio. Dopo 5 ore di sosta, sono ripartiti per Pechino, dove sono arrivati con 8 ore di ritardo. Il tutto, per un tempo di servizio di ben 18 ore, ampiamente oltre i limiti previsti dalla normativa.

Tutto bene quello che finisce bene? Fino ad un certo punto, perché un atterraggio “in riserva” è tecnicamente considerato un incident, e diventa interessante sapere perché la quantità di carburante fosse così bassa alla fine del volo. E qui, forse, il clima di pressione che si respira in queste settimane in Alitalia un qualche peso ce l'ha, perché su voli di questo genere, partire senza avere a bordo un bel po' di extra espone poi a rischi come quello corso da AZ 790.

I conti sono presto fatti. Il trip fuel serve, giustamente, a volare dall'aeroporto di origine a quello di destinazione. Il contingency, un misero 3% del trip, spesso se ne va perché negli spazi aerei russi capita frequentemente di non poter salire alle quote ottimali di volo. E pianificare l'alternato più vicino si scontra (ed è un problema noto) con l'atteggiamento degli enti di controllo cinesi. Se poi la situazione meteo, che era prevista buona anche se le previsioni a distanza di 12 ore non si possono certo prendere per oro colato, peggiora (e a ben guardare, qualche indizio c'era) allora una normale amministrazione, come un dirottamento all'alternato, diventa un'emergenza.

Il problema è che quando si pianifica un volo di una decina di ore come quello di cui stiamo parlando, i piloti si dovrebbero sentire assolutamente liberi di imbarcare il quantitativo di carburante che ritengono adeguato. Che nella maggior parte dei casi, badate bene, non servirà (ed è per questo che i manager cercano di limitarlo in tutti i modi), ma l'extra fuel ha questa strana caratteristica: ci si accorge della sua importanza solo quando non ce n'è a sufficienza.

Ci sarebbe ovviamente piaciuto completare questo articolo con un commento della compagnia, ma l'ufficio stampa di Alitalia, contattato in merito, ha dapprima negato l'accaduto, per poi imputarlo a un improvviso temporale, e dichiarare infine che “non intende rilasciare alcuna dichiarazione o commento sulla vicenda del volo Roma-Pechino”... Peccato.

(8 ottobre 2012)

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