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L'aereo in pensione

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Si chiama phase out, ed è un po' l'andare in pensione degli aerei: una compagnia decide che quel modello non fa più al caso suo, e lo sostituisce con un altro. A poco poco il “settore” si sgonfia e i piloti che lo componevano vengono riaddestrati su nuovi e più moderni aerei.


Ma un pezzo del loro cuore resterà su quello “vecchio”... e lui, il “vecchio”, che fine farà?

Verrà (orribile neologismo) rottamato... Oppure, come tanti umani fanno, vivrà una specie di seconda giovinezza cercando di riciclarsi in altri impieghi: lo venderanno, e andrà ad ingrossare le fila di quelle che una volta erano chiamate le “carrette dell'aria”, perché si riteneva (e sono molti ancora a pensarlo) che fossero meno sicuri degli altri.

Questi aerei, che avevano già diversi anni di vita e migliaia e migliaia di voli sulle spalle (o per meglio dire, sulle ali), venivano una volta venduti dalle compagnie maggiori ad altre, più piccole, specializzate in voli charter.

L'epoca del turismo di massa verso località più o meno esotiche era agli albori, e da allora molte cose sono cambiate: i paradisi vacanzieri si sono moltiplicati, la fetta di mercato è diventata consistente, attirando grossi investimenti, e molte compagnie charter (nel frattempo cresciute in numero e dimensioni) possono ormai vantare una flotta giovane quanto quella delle cosiddette majors.

Così, al giorno d'oggi, il mercato d'elezione di un vecchio aereo non è più quello delle compagnie charter, ma quello dei paesi aeronauticamente arretrati, quelli (soprattutto africani) che un ottimistico eufemismo definisce “emergenti”.

E tuttavia la definizione di “carretta” era, ed è, inadeguata perché avere una flotta moderna non basta a garantire una maggior sicurezza, e non è assolutamente detto che una macchina nuova sia più affidabile di una vecchia: tutto dipende dalla qualità delle operazioni di manutenzione, che per un aereo di linea cominciano subito dopo il primo volo.

Infatti, anche nelle poche decine di minuti che intercorrono tra un arrivo e la successiva partenza, i tecnici intervengono per effettuare controlli di routine o per correggere piccole anomalie riscontrate dai piloti: è già un primo tipo di “tagliando”, e a sera ce n'è un altro, più approfondito, e poi altri ancora, via via più complessi, legati alle ore di volo, al numero dei decolli e atterraggi e a scadenze temporali.

Si tratta di controlli sempre più pignoli, che arrivano addirittura, dopo qualche anno, alla sverniciatura completa dell'aereo per un esame visivo della fusoliera, e vengono spesso condotte con l'ausilio di macchinari capaci di fare una sorta di “radiografia” in cerca di eventuali punti deboli e di linee di frattura (quelle che noi chiamiamo “cricche”) magari invisibili a occhio nudo.

Il nome tecnico è “ispezioni”, fanno parte della normale vita operativa dei nostri aerei e fino a che vengono svolte regolarmente si può volare in perfetta sicurezza anche su macchine ormai venerande.

Il che non toglie che, nonostante tutte le attenzioni, queste “nonne dell'aria” comincino inevitabilmente a mostrare tutti i segni del tempo trascorso: diventano via via più scomode e rumorose rispetto ai modelli più recenti; i loro consumi, soprattutto se confrontati con quelli di motori di ultima generazione, le rendono economicamente meno sostenibili, e si fa sempre più costoso mantenerle in perfetta efficienza. E anche i passeggeri storcono il naso di fronte al loro aspetto un po' demodé, chiedendosi, ingiustamente, se sia sicuro affidare le loro vite a “quella vecchia carretta”.

E' un po' quello che capita alla vecchia cara macchina di famiglia: il pieno costa sempre di più, le soste dal meccanico si fanno sempre più frequenti anche per piccole magagne, e nel parcheggio sotto casa il confronto con la fiammante auto nuova del vicino diventa impietoso. E così, anche se tutto sommato il suo lavoro ancora lo faceva alla grande, si decide di cambiarla... salvo poi rivederla, magari con un po' di rimpianto, in circolazione, perché soprattutto in tempo di crisi il mercato dell'usato tira abbastanza bene.

Ebbene, una cosa del genere succede anche agli aerei. Ed esattamente come gli automobilisti i piloti, incontrando i loro vecchi compagni di viaggio in giro negli aeroporti di tutto il mondo, provano una punta di nostalgia: la prova mia moglie quando le capita di fermarsi al semaforo accanto a una vecchia Mini Minor, e la provo io se, in attesa del mio turno per il decollo, vedo atterrare un MD-80.

Perché anche a un aereo, soprattutto se è quello che ha accompagnato l'esordio nella carriera aeronautica, ci si può affezionare... e così un phase out finisce sempre col lasciarsi alle spalle una scia di piloteschi cuori infranti.

(1° novembre 2012)

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