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Una bella botta di turbolenza

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Pare impossibile, ma gli eventi aeronautici, quelli che attirano l'attenzione del grande pubblico, sono come le ciliege: uno tira l'altro e così nel breve volgere di qualche giorno mi trovo a  rispondere alle domande più disparate.


Parenti, in primo luogo, e poi amici, conoscenti, persone incontrate per caso e che altrettanto per caso vengono a sapere qual è il mio mestiere, a volte anche giornalisti (ormai mi sono fatto una certa fama) che cercano il “parere dell'esperto” o semplicemente chiedono lumi su terminologie tecniche e concetti comprensibilmente ostici a orecchie profane.

E la cosa assume risvolti a volte comici quando il fuoco di fila delle notizie è, come in questi giorni, particolarmente nutrito. Accade allora che squilli il cellulare e un giornalista mi chieda se sono disposto a commentare per lui “notizia”. Ma quando gli dico che sul tema “piloti-addormentati-in-volo” c'è forse gente più ferrata di me, quello mi interrompe per dirmi che non di quello vuole parlare, ma “dell'aereo che ha perso 3000 metri di quota a causa di una turbolenza”.

Oddio, questa ancora non la sapevo... per fortuna sono seduto al computer e mi bastano pochi clic tra i lanci d'agenzia per farmi una prima idea, rendendomi subito conto, e glielo dico, che 3000 metri mi sembrano un po' troppi. In ogni caso mi rendo disponibile ad approfondire ed eventualmente a fornire la mia “consulenza”.

E in effetti, 3000 metri sarebbero davvero tanti, anche se man mano che incrocio le notizie sparate dai media generalistici con quelle provenienti da fonti (anche private) più attendibili, ho la conferma che qualcuno deve aver fatto confusione tra metri e piedi... quello che si dice prendere fischi per fiaschi.

In ogni caso, una bella botta se la sono presi, ma la vera cifra record non è quella relativa alla perdita di quota, bensì il numero delle persone contuse. Contusioni non gravi, d'accordo, tanto che due medici presenti a bordo hanno rassicurato l'equipaggio affermando che si poteva tranquillamente continuare fino a destinazione senza rischi.

Ma 66 feriti per una turbolenza in quota sono tanti. Potrei sbagliarmi, ma deve essere la prima volta che accade. E per capire perché tante persone siano rimaste contuse non c'è bisogno di essere esperti di sicurezza aerea: basta pensare al fatto che la maggior parte (se non la totalità) dei passeggeri del volo Neos 731 erano italiani. E l'italiano non c'è verso di convincerlo a tenere la cintura allacciata.

Hai voglia dirglielo e a ridirglielo, è più forte di lui. E la prossima volta che vi capita di andare in volo prestateci attenzione anche voi: appena le ruote dell'aereo toccano terra, se tendete l'orecchio sentirete come minimo una decina di clic. Sono cinture che vengono slacciate, e qualcuno si alza anche, incurante del rischio, se i piloti sono poi costretti a una manovra brusca, a una frenata, di ritrovarsi lungo disteso nel corridoio.

Figuriamoci dunque in crociera: le turbolenze impreviste sono evidentemente cose che possono capitare solo agli altri, mica a lui... salvo poi ritrovarsi sballottato di qua e di là, al limite proiettato contro il soffitto dell'aereo. Ma lui niente, lui deve tenere la cintura slacciata.

Deve essere una questione di machismo latino: il vero uomo non ha bisogno della cintura di sicurezza.

(22 novembre 2012)

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