Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Se il buon Dio...

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Ampiamente doppiato il capo degli ottant'anni, figli e nipoti troppo occupati per venirli a trovare, vivevano da soli nell'appartamento vicino al mio. Erano una simpatica coppia di vecchietti, forse un po' troppo chiacchieroni, ma senz'altro simpatici, e socializzare fu inevitabile.


Lui, pensionato delle Ferrovie, era decisamente interessato al lavoro che stavo allora (ultimi anni '70 del secolo scorso) intraprendendo. Avevo appena iniziato a seguire i corsi di pilotaggio dell'Aeroclub di Bologna, già con l'idea di diventare pilota di linea, e il vecchio macchinista che ancora sonnecchiava in lui non perdeva occasione di cogliere analogie tra quello che lui era stato e quello che io sarei diventato. Trasportare persone da A a B in sicurezza e, se possibile, in orario era stata la missione della sua vita, e gli piaceva l'idea che anche io avessi scelto un'occupazione tanto simile alla sua.

“Personale di condotta- amava ripetere con orgoglio -dipende tutto da noi. Loro salgono, si siedono, parlano, mangiano, si addormentano... e intanto noi, che piova o tiri vento, di giorno o di notte, li portiamo a destinazione”. Eppure, e me lo faceva spesso notare nel suo bel dialetto bolognese, lui non si sarebbe fidato “brisa” di quelle macchine volanti: meglio, molto meglio, le sue vecchie locomotive saldamente ancorate a due solidi binari d'acciaio.

Avevo un bel ripetergli che le statistiche parlavano chiaro, e che il trasporto aereo era di gran lunga il più sicuro: non c'era verso di convincerlo. Refrattario ai numeri, restava del tutto indifferente alle cifre che io andavo snocciolando: passeggeri trasportati per chilometro, incidenti per milione di decolli, e chi più ne ha più ne metta.

E quando proprio non sapeva più come opporsi alla mia tecnologica sicurezza, si rifugiava in una argomentazione per lui definitiva: “Oh, ragasso, se il buon Dio ci avesse voluto far volare, ci avrebbe ben fatto un bel paio d'ali, no?” Argomentazione, bisogna riconoscerlo, difficilmente contestabile.

A contestarla ci pensò un bel giorno, del tutto inaspettata, la serafica vecchietta che con lui aveva diviso la vita intera. Abbandonata per un momento l'indifferenza con la quale abitualmente seguiva le nostre discussioni, alzò gli occhi dai ferri da calza con i quali stava confezionando un paio di guantini per l'ultimo dei suoi bisnipoti e lo fulminò: “Oh, piantala ben con questa storia del buon Dio, che se davvero non ci avesse voluto far volare, ci avrebbe fatto le radici... almeno stavi un po' di più a casa.”

E così, nello spazio libero venutosi a creare tra quel paio di ali (che non ho) e quelle radici (che ugualmente non ho) sono diventato pilota. Personale di condotta, come diceva orgogliosamente il vecchio ferroviere bolognese: che piova o tiri vento, di giorno o di notte, trent'anni a trasportare gente da A a B, sempre in sicurezza e, qualche volta, anche in orario.

(17 gennaio 2013)

RSS
RSS