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L'ago nel pagliaio

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Dalle prime risultanze delle indagini relative all'incidente subito il 2 febbraio scorso dall'ATR della Carpatair (che operava un volo Alitalia da Pisa a Roma) durante l'atterraggio a Fiumicino in condizioni di forte vento, emerge un dato francamente sconcertante.


L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo ha infatti appurato che i mezzi di soccorso hanno impiegato poco più di 10 minuti per raggiungere il luogo dove l'aereo si era fermato al termine della disastrosa manovra di atterraggio; ed ha ovviamente provveduto ad emettere una raccomandazione di sicurezza in proposito.

Il dato è sconcertante per due ragioni. In primo luogo perché i regolamenti nazionali (ENAC) e internazionali (ICAO) stabiliscono che “l’obiettivo operativo del servizio di soccorso e lotta antincendio è quello di assicurare un tempo di risposta di due minuti, e comunque non superiore a tre minuti, in ogni parte della pista di volo, e non superiore ai tre minuti in ogni altra parte dell’area di movimento, in condizioni ottimali di visibilità e delle superfici da percorrere.”

In secondo luogo perché, benché si possa obbiettare che il fatto è accaduto di notte, la visibilità era buona (oltre i 10 chilometri) e soprattutto la casermetta dei Vigili del Fuoco si trovava a soli 400 metri in linea d'aria dal luogo dell'incidente.

Come si spiegano allora quei 10 minuti per percorrere una distanza così breve? Ebbene, quello che si è scoperto è che il coordinamento dei mezzi di soccorso è (o meglio, dovrebbe) essere effettuato con riferimento a una sorta di scacchiera che copre l'intera superficie aeroportuale: una specie di battaglia navale dove a ogni quadratino corrisponde una zona che, nel caso di Fiumicino, era quello identificato come 102-G3.

Il controllore di torre però, pare che questo dato non lo abbia mai comunicato ai VV.FF., limitandosi a fornire l'identificazione del luogo ove giaceva il relitto dell'aereo incidentato con le a lui più note coordinate operative, che facevano riferimento alla sigla del raccordo tra pista e via di rullaggio. Il quale, come tutti i raccordi, è univocamente identificato da un gruppo di due lettere, nel nostro caso DE. E' questa "incomprensione", sostiene ANSV nel suo rapporto, questa sorta di "dire la stessa cosa in due lingue diverse", ad aver causato il ritardo dei soccorsi.

Che il controllore si sia attenuto a una fraseologia per lui familiare è comprensibile, così come è comprensibile che questa fraseologia abbia creato problemi ai Vigili del Fuoco, i quali sono apparentemente addestrati a vedere l'aeroporto non come un insieme di piste, raccordi, vie di rullaggio e piazzali, ma come una scacchiera. E questo, viste le conseguenze, obbligherà forse a rivedere modalità e contenuti di addestramenti e procedure operative.

Del resto, che nell'organizzazione dei servizi di soccorso aeroportuali ci fossero elementi di criticità relativi alle tempistiche di individuazione del relitto dell’aeromobile incidentato, era già emerso dai rapporti intermedi (quello definitivo lo stiamo ancora aspettando) sull'incidente occorso sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi all'A-319 di WindJet il 24 settembre 2010: anche allora i mezzi dei VV.FF. vagarono a lungo prima di trovare il relitto, complice anche la scarsa visibilità determinata in quel caso non dall'oscurità notturna, ma dalle avverse condizioni meteo. E anche in quel caso, l'ANSV ha giustamente puntato l'indice su quei ritardi.

Ci sia però consentito di far notare che dall'inchiesta ufficiale su un incidente aereo uno si aspetta di avere delle risposte, o per lo meno delle ipotesi, sulle cause scatenanti dell'evento. E si badi bene che queste risposte (o per lo meno, ipotesi), lungi dall'essere utilizzate come atti di accusa nei confronti di chicchessia, dovrebbero servire essenzialmente a mettere in atto raccomandazioni e procedure capaci di impedire il ripetersi di eventi simili. Prevenire, come ognun sa, è meglio che curare, e l'arrivo dei soccorsi rappresenta esattamente la cura di un male, l'incidente, ormai conclamato.

Ora, per carità, nessuno pensa che le raccomandazioni di sicurezza emesse da ANSV a seguito di questi due incidenti in atterraggio siano inutili; al contrario, cercare di capire perché i soccorsi siano arrivati in ritardo è senz'altro interessante. A nostro modesto avviso sarebbe tuttavia infinitamente più interessante rivolgere l'indagine a monte, e più esattamente a cercare di capire perché di quei soccorsi arrivati in ritardo c'è stato bisogno.

Detto in parole povere: è importante capire perché trovare un ago nel classico pagliaio sia così difficile, ma ben più importante è capire come abbia fatto l'ago a ficcarsi in quel benedetto pagliaio.

(29 marzo 2013)

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