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Una manciata di secondi

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Benché ultimamente il fascino della professione di pilota abbia subito un vistoso appannamento, il nostro mestiere desta sempre una certa curiosità, soprattutto quando a rinfocolarla arriva qualche fatto di cronaca, che nel caso che sto per raccontare ha fortunatamente avuto un lieto fine.


Il curioso di turno si è materializzato ieri nella persona del figlio sedicenne di un vicino di casa, che mi ha bloccato per le scale ficcandomi sotto il naso il suo tablet nuovo, regalo per un'insperata promozione.

Sullo schermo scorrevano, riprese da una prospettiva abbastanza insolita, le immagini di un incidente in decollo avvenuto pochi giorni fa. L'improvvisato regista, molto probabilmente uno dei tanti curiosi armati di teleobbiettivo che usano affollarsi contro le reti di cinta degli aeroporti, era riuscito infatti a guadagnarsi una delle posizioni più ambite, esattamente lungo l'asse della pista.

Si vede dunque l'aereo (un Airbus A-330) che appare dall'estremità opposta della pista e mentre si avvicina, in piena accelerazione per il decollo, il lampo di una fiammata che illumina il motore destro, subito dopo avvolto da una densa fumata. Immediatamente dopo, come è logico, a causa della spinta asimmetrica, l'aereo sbanda (ma il termine esatto è “imbarda”) verso destra.

A questo punto il mio giovane interlocutore ha attirato la mia attenzione sul timer del filmato, in basso a sinistra: secondo i suoi calcoli, avvalorati dalla visione di un ulteriore spezzone (ma dove li vanno a cercare? potenza di YouTube...) girato da un osservatore meno fortunato, posto stavolta di tre quarti rispetto alla pista, tra l'esplosione del motore e l'arresto completo dell'aereo passano meno di 25 secondi.

In questo batter d'occhi (o poco più), si vede il timone di direzione deflettersi verso sinistra per contrastare l'imbardata e mantenere l'aero a centro pista, l'ammortizzatore del carrello anteriore schiacciarsi per effetto della frenata e l'apertura dei reverse. A questo punto sono passati otto secondi: i reverse rimangono aperti per una decina secondi, poi si richiudono (segno evidente che la velocità era a quel punto molto ridotta), e dopo altri sei-sette secondi l'aereo è fermo in mezzo alla pista.

“Come è possibile- sosteneva il ragazzo- che i piloti abbiano fatto tutto questo in così breve tempo?” Evidentemente, questa la sua teoria, qualcosa doveva averli messi sull'avviso.

Teoria che ho rapidamente smontato facendogli osservare che, se avessero in qualche modo avuto sentore di quello che stava per succedere, avrebbero provveduto ad abortire il decollo senza aspettare l'esplosione: i tempi di reazione (e di attuazione della manovra) che tanto lo hanno stupito sono in effetti brevi, ma sono quelli che ci si possono aspettare da un equipaggio ben addestrato.

Anche se, a ben pensarci, si può senza dubbio affermare che i piloti erano in un certo senso preparati ad affrontare quell'emergenza. E non solo quella, perché se nei minuti che precedono il decollo un osservatore estraneo si trovasse in cabina con loro, si accorgerebbe che viene condotto un rapido riepilogo di tutte le situazioni anormali che si possono verificare, e che in questa sorta di ripasso sono incluse anche le manovre da effettuare per riportare la situazione sotto controllo.

Dirò di più: queste manovre vengono addirittura “simulate”, nel senso che nell'elencarle abbiamo anche l'abitudine di fare i movimenti relativi, e di andare a toccare davvero le leve e i pulsanti che dovremmo andare a spostare o a spingere qualora l'emergenza si presentasse sul serio.

Si chiama briefing pre-decollo, e anche se a un osservatore esterno due tipi in divisa che gesticolano a vuoto dentro a una cabina di pilotaggio possono sembrare un po' buffi, è proprio grazie a questo improvvisato teatrino che i piloti di quell'Airbus sono riusciti a fermare in una manciata di secondi un aereo già lanciato a oltre 200 chilometri all'ora.

(27 giugno 2013)

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