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La strana rotta

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Alzi la mano chi, osservando uno dei tanti schermi, grandi o piccoli, che da qualche anno  a questa parte vanno popolando le cabine degli aerei di linea di lungo raggio, non ha pensato almeno una volta: ma perché diavolo fanno sempre quella strana curva, invece di andare a dritto?


In realtà, come è ovvio, gli aerei "vanno a dritto", o almeno ci provano. Se sullo schermo la loro rotta non appare tale è soltanto a causa dei problemi legati alla rappresentazione, su una superficie piatta come lo schermo che i passeggeri hanno davanti agli occhi, di ciò che piatto non è: la superficie terrestre.

Ora, se su un piano la distanza più breve tra due punti è indiscutibilmente una retta, su una sfera questo non è più vero, o per lo meno, potrebbe essere vero solo a patto di poter scavare un tunnel tra (poniamo) Milano e San Francisco. La verità è che, dati due punti sulla superficie terrestre (nel nostro caso, gli aeroporti di partenza e di arrivo) esiste una (e una sola) linea che ha questa caratteristica di brevità, e lungo quella si cercherà di volare.

Dal punto di vista strettamente teorico, è definita come "arco minore di cerchio massimo congiungente due punti", ed è la linea di minore percorrenza. La sua rappresentazione è appunto quella curva, con la gobba rivolta verso il polo più vicino, cui è stato dato il nome di "ortodromia" (alla lettera: cammino corretto) e che viene proiettata sugli schermi di bordo.

Nella pratica quotidiana, tuttavia, ci si discosta da questa traiettoria ideale per più di un motivo. A volte conviene, ad esempio, percorrere svariati chilometri in più, ma farlo in una zona dove i venti sono più favorevoli (o meno sfavorevoli), oppure può essere necessario evitare vaste perturbazioni. E può anche succedere di essere costretti ad ampie deviazioni per non sorvolare paesi in guerra, o comunque a rischio. Senza considerare infine il fatto che può essere conveniente, in termini economici, rinunciare a utilizzare gli spazi aerei di un paese che applica tasse di sorvolo più alte di quelle di un paese confinante.

In base alle condizioni del giorno, la nostra ortodromia viene dunque rimodellata e infine subisce un'ultima correzione per essere adattata alla rete delle "autostrade del cielo", le aerovie, all'interno delle quali tutti gli aerei si devono disciplinatamente incanalare in modo da garantire, sotto il controllo degli enti del traffico aereo, la separazione minima necessaria ad evitare il rischio di collisioni in volo.

Alla fine di tutte queste operazioni avremo un risultato che, almeno sulle brevi distanze, potrà discostarsi anche di molto da quella bizzarra curva "ortodromica". Sulle lunghe trasvolate viceversa, nonostante tutte le correzioni, la strana rotta resterà sempre evidente, suscitando curiosità e commenti a volte strampalati.

Come quella volta che ho sentito un padre spiegare con la massima serietà al figlioletto, forse per liberarsi dalle sue incessanti domande, che lo facevamo per... non arrivare troppo presto e trovare l'aeroporto di destinazione ancora chiuso.

Il pargolo, giustamente diffidente, vedendomi transitare in divisa da pilota lungo il corridoio dell'aereo, mi ha lanciato uno sguardo inquisitorio e io, non potendo certo dilungarmi nella spiegazione dei principi di base della navigazione aerea, non ho trovato altra soluzione che quella di confermare l'estemporanea tesi del padre.

L'ho ingannato, d'accordo, ma voi che avreste fatto al mio posto?

(30 agosto 2013)

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