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In volo da Londra a Berlino

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Appena ho visto quel volo sul mio foglio turni ho capito subito che sarebbe stato particolarmente emozionante. Ho già attraversato la Manica tante volte in passato nei mie voli tra Fiumicino e Heathrow, ma adesso è diverso.


Volare da Londra a Berlino mi ha suscitato un misto di sensazioni contrastanti al pensiero che solo qualche decennio prima tanti piloti inglesi e americani hanno percorso esattamente la mia stessa rotta carichi di bombe invece che di passeggeri.

Sono le sei di mattina ed è ancora buio mentre faccio il “giro esterno” intorno all’aereo per controllare che tutto sia in sicurezza per il volo. Il rifornimento di carburante è finito, ma c'è ancora il veicolo del catering a lavoro.

Per me è solo routine, ma chissà che passava per la testa del pilota che svolgendo le mie stesse operazioni vedeva caricare nella pancia del suo bombardiere centinaia di bombe e proiettili, non bibite e panini. L'idea che dopo poche ore avrebbe lasciato cadere tutto questo carico sopra una città piena di gente doveva essere un tormento, così come la consapevolezza del rischio di non fare ritorno.

Finisco i miei controlli e salgo di corsa in cockpit: devo cercare di togliermi questi pensieri dalla testa.

Le prime incursioni inglesi sopra Berlino avvennero nel 1940 durante la “Battaglia di Inghilterra”, ma furono operazioni di modeste dimensioni. Solo nel ‘43 iniziarono i bombardamenti su larga scala con l’utilizzo di centinaia di velivoli che a più riprese riversarono su Berlino e altre importanti città tedesche migliaia di tonnellate di bombe.

Appena dopo il decollo sono già in vista della Manica e il sole sta colorando di rosso le poche nuvole che ci sono intorno. Oggi è una bella giornata, proprio come dovevano essere quelle scelte per i bombardamenti altrimenti gli obiettivi restavano nascosti sotto le nubi e la missione era vanificata. Dalla mia posizione privilegiata posso godermi una vista dell’alba mozzafiato mentre volo in salita verso la quota di crociera.

In questa fase i bombardieri inglesi e poi dall’agosto del ’42 anche quelli americani, si riunivano in massicce formazioni per poi dirigersi verso l’obiettivo finale. Anche io posso vedere tanti aerei intorno a me. L’area di Londra è una delle più trafficate d’Europa ed è un vespaio di aerei che vanno e vengono.

Immagino questi aerei come se fossero gli inglesi Lancaster, Halifax e Stirling o l’americano B17 e cerco di immedesimarmi nel pilota di uno di questi mentre da lontano scorgo piccoli puntini neri che si avvicinano verso di me, delineando le loro sagome solo quando mi sfilano via veloci passandomi sopra o sotto: la caccia nemica.


Più mi avvicino a Berlino e più sento una stretta allo stomaco. In questo stesso spazio aereo in cui sto tranquillamente volando settant'anni fa si è scatenato l’inferno. I protagonisti erano tutti ragazzi come me, anche molto più giovani, con la mia stessa passione per il volo, ma con la sfortuna di essere nati nell’epoca sbagliata.

Da quassù non si vedono le persone e di sicuro non si sente nemmeno il rumore delle esplosioni eppure mi domando se la mano del pilota abbia mai esitato nello spingere quel pulsante che comanda l’apertura del vano bombe.

Inizio la discesa verso l’aeroporto di Schonefeld, aperto nel marzo del ’34 per servire le fabbriche della Henschel, una manovra che all’epoca significava essere stati colpiti e abbattuti, uno stato d’animo che neanche minimamente posso concepire. Ora l’aeroporto è circondato dal verde e da alcuni laghetti stupendi, e mentre viro in finale per allinearmi con la pista scorgo qualche barchetta che naviga felice tra le onde ed è una visione che contrasta con quello che doveva essere un paesaggio lunare, pieno di crateri ovunque.

Atterro, ma tra una mezz'ora riprenderò il volo di nuovo con la rotta opposta e nuovi pensieri mi sorprendono, di altri giovani piloti che a schieramenti invertiti affronteranno le stesse paure e le stesse sorti.

Mi sento un pilota fortunato. Oggi posso volare senza rischi nel meraviglioso cielo europeo, ma nuovi venti di guerra dal Medio Oriente mi fanno pensare a quanto poco i governanti del mondo hanno studiato la storia per evitare gli errori del passato.

(17 settembre 2013)

 

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