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Le camere ipobariche - II

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(segue) Come abbiamo visto, l’addestramento all’ipossia consiste nel far salire la camera ipobarica ad una quota equivalente di 25000 piedi (circa ottomila metri), per poi far togliere la maschera agli addestrandi per due o tre minuti: è in questo periodo che bisogna effettuare determinati esercizi.


In America, questo tipo di addestramento è richiesto per i militari ogni cinque anni, mentre per il volo civile, solo la FAA (Federal Aviation Administration) e alcune compagnie maggiori si curano di allenare i propri piloti a questo tipo di situazione. Comunque sia, negli USA chiunque sia in possesso di idoneità psico-fisica di prima o seconda classe (la famosa "visita") può chiedere di effettuare tale tipo di addestramento a carico degli enti governativi. In Italia, al momento, la camera ipobarica è prevista in modo strutturato solo per i piloti militari.

Eppure anche in questo, come in altri campi aeronautici, siamo stati all'avamguardia. In Italia, il Centro Studi e Ricerche di Medicina Aeronautica fu istituito nel 1937 e insediato a Guidonia presso il Reparto Alta Quota con l'obiettivo di studiare attitudine e resistenza al volo ed individuare così i limiti fisiologici il cui superamento aveva molto spesso condotto negli anni precedenti a incidenti mortali. Il filone di ricerche che perseguivano i primi studiosi delle prestazioni umane si concentrava sul fatto che l’essere in buona salute, avere buon udito e vista e non soffrire di vertigini non fossero requisiti sufficienti per la selezione di un pilota.

Vennero così gradatamente introdotti altri parametri, legati alla psicologia comportamentale e alle reazioni psicomotorie, per valutare negli aspiranti piloti caratteristiche quali emotività, capacità di attenzione, capacità di sopportare e reagire correttamente allo stress. Fu in quegli anni che, oltre a introdurre nuove branche della medicina e della psicologia nello studio del volo umano, si puntò anche ad una sistematizzazione e standardizzazione dei test cui sottoporre i piloti: tra gli esami, quelli di oculistica, otorino con audiometria e test vestibolari, test per l’equilibrio, spirometria, cardiologia, medicina generale, psicologia, attraverso apparecchi ciclo-spirometrici, apparecchi per gas-analisi respiratoria, camera anecoica e camera ipobarica, per verificare la resistenza allo sforzo in condizioni di alta quota.

L'attività del Centro di Guidonia fu determinante nel 1937 per il conseguimento, da parte del tenente colonnello Mario Pezzi, del record di altezza (15.655 metri) per velivoli a pistoni, conquistato indossando una tuta pressurizzata che anticipava in molti aspetti le moderne tute astronautiche, e -l'anno successivo- del primato di 17.083 metri, quota raggiunta in una cabina stagna e termo-pressurizzata, antesignana delle future capsule spaziali.

Il centro di Guidonia ha goduto di un discreto prestigio, dovuto anche alle sue ricerche pionieristiche che portarono i suoi studiosi ad indagare fenomeni nuovi per l’epoca. Furono approntati strumenti ed apparecchiature come le sedie rotatorie, una doppia ruota e una centrifuga, una torre per esperimenti in microgravità e una particolare attrezzatura per studiare la locomozione di eventuali astronauti in condizioni di peso ridotto.

Fu proprio l’atteggiamento pionieristico verso le attività non solo aeronautiche, ma anche spaziali, che spinse John Glenn, primo statunitense ad essere andato in orbita, a visitare il Centro, nel 1965.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(29 settembre 2013)

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