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A ruota libera

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Per una ruota che non esce, quella del semicarrello destro dell'Airbus A-320 del volo AZ 063 del 29 settembre, ci sono in compenso tante chiacchiere e luoghi comuni generosamente ammanniti a "ruota libera" da giornali e televisioni. Eccone una breve panoramica.


Si comincia con il "disperato tentativo di riportare verso l'alto l'aereo", che è invece una normale riattaccata, tanto più normale se si pensa che il pilota si è appena accorto di avere un'avaria al carrello e vuole quindi vederci chiaro, fare le sue brave check-list e cercare, se possibile, di ovviare al problema.

Si prosegue con lo "scarico del carburante", operazione quanto mai difficoltosa su un Airbus A-320, visto che non è dotato dell'impianto che permetterebbe di farlo. In realtà, in quella mezz'ora i piloti si danno da fare per portare a termine le loro abnormal check-list: cercano, in poche parole, di estrarre il carrello usando una procedura alternativa alla quale sono addestrati.

Poi c'è il solito "tentativo di atterraggio non riuscito", che invece altro non è che un passaggio a bassa quota davanti alla torre di controllo, per permettere agli operatori di terra di confermare visivamente la situazione al pilota. E in questa fase si inserisce di solito anche l'immancabile "vuoto d'aria", che come ognun sa in realtà non esiste, e comunque un vuoto d'aria non si nega mai a nessuno, tanto meno a un passeggero impaurito.

E per concludere, il "letto di schiuma", tanto caro ai nostri media. Ebbene, il capitolo 15 del documento ICAO 9137 (interamente dedicato alle operazioni di schiumaggio delle piste in caso di atterraggi senza carrello) fornisce indicazioni sostanzialmente a sfavore dell'uso del foam blanket, restringendo il suo campo di utilizzo ai casi in cui sia espressamente richiesto dal pilota e sia comunque a disposizione una "schiuma proteica", chiarendo in ogni caso che l'efficacia della pratica non è dimostrata dalle indagini sui casi reali.

Tanto per cominciare, si è notato che le scintille causate dallo sfregamento delle leghe di alluminio sulla pavimentazione della pista non sono comunque in grado di incendiare i vapori di cherosene provenienti dall'eventuale rottura dei serbatoi, e che la schiuma sarebbe comunque efficace solo per le scintille causate da acciaio o materiali ferrosi, mentre non avrebbe nessun effetto per quelle originate dal titanio; senza contare che l'incendio potrebbe comunque svilupparsi al di sopra del letto di schiuma per effetto, ad esempio, della rottura di fili elettrici o del danneggiamento di una batteria.

A fronte di questo, ci sono anche da considerare gli effetti negativi della schiuma sulla controllabilità dell'aereo e sulle distanze di arresto, tanto che sia la FAA che l'ICAO prendono in seria considerazione l'ipotesi che l'aereo finisca con l'arrestarsi oltre la zona "schiumata" o scivoli lateralmente al di fuori della stessa, vanificando di fatto le precauzioni prese.

Senza contare che l'efficacia della schiuma è comunque drasticamente ridotta in caso di forti precipitazioni, che finiscono col diluirla, e a Fiumicino, sempre secondo i nostri valorosi giornalisti, c'era un bel "nubifragio"... insomma, a vedere i bollettini proprio nubifragio no... tempaccio sì, ma proprio nubifragio no.

Il letto di schiuma, inoltre, deve essere preparato seguendo certi dosaggi, e per un aereo come l'Airbus A-320 protagonista dell'atterraggio del 29 settembre il solito documento ICAO parla di 36.000 litri d'acqua e di 1000 (o 2000, a seconda della concentrazione) litri di agente schiumogeno. Con riferimento a tali quantità, la Federal Aviation Agency statunitense, già nel 1987 decretava di fatto l'inutilità del foam blanket, citando tra i fattori sfavorevoli la lunghezza delle operazioni di preparazione (oltre un'ora) e il rischio di ritrovarsi poi a corto di agente estinguente nel caso in cui il fuoco dovesse comunque manifestarsi.

Allo stato attuale delle cose, le best practices in materia prevedono il dispiegamento lungo la pista di un numero adeguato di mezzi antiincendio, in grado di raggiungere in breve tempo l'aereo incidentato e di intervenire tempestivamente effettuando l'erogazione della schiuma solo intorno all'aereo già fermo, laddove si notino perdite di carburante, scintille, surriscaldamenti o principi di incendio.

Che poi, a ben guardare le foto sia di questo che dell'altro Airbus, quello della WizzAir che sempre a Fiumicino l'8 giugno scorso incorse in un incidente analogo, pare proprio che sia quello che è stato fatto: intorno al relitto si notano sì larghe chiazze di schiuma, ma non certo il letto omogeneo lungo 750 metri e largo 12 di cui al solito capitolo 15 del documento ICAO.

Last but not least, in casi del genere, la "eccezionale perizia del pilota". Ora, è chiaro che i miei colleghi in servizio su quel volo hanno fatto davvero un bel lavoro, e di questo mi complimento di cuore con loro; mi corre tuttavia l'obbligo di ricordare ai soliti giornalisti che negli "stipendi da nababbi" di quei privilegiati dei piloti (altro luogo comune al quale paiono tenere molto) è normalmente compresa la professionalità che domenica scorsa è servita a riportare a casa sane e salve 151 persone.

(1° ottobre 2013)

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