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Scusate, abbiamo sbagliato...

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La notizia è di quelle che lasciano di sasso: un aereo che sbaglia aeroporto e atterra 15 chilometri a nord della sua destinazione non è certo cosa che accade tutti i giorni, e se poi capita non ad un pilotino della domenica, ma ad un equipaggio del massimo produttore mondiale di aerei, beh...


Ma procediamo con ordine. L'aereo coinvolto nello strano incidente (perché anche se non ci sono danni o vittime sempre di incidente si tratta, e come tale sarà trattato dagli investigatori) è uno dei più grossi al mondo. Si tratta di un Boeing B-747 (il popolare Jumbo) che il fabbricante ha modificato per adibirlo al trasporto di interi pezzi di fusoliera dalle varie fabbriche, sparse un po' in tutto il territorio americano, fino al luogo di assemblaggio finale. Lo chiamano Dreamlifter, ed è una specie di balena volante dalle forme tozze e sgraziate la cui coda, come un enorme portone, ruota intorno a delle cerniere poste sul lato sinistro della fusoliera per consentire il carico.

La meccanica di base, la motorizzazione e la strumentazione sono quelle di un normale B-747, e tra questa strumentazione rientra ovviamente un sistema FMS (Flight Management System) che serve anche a gestire la navigazione e che consente, tra le altre cose, l'esecuzione di procedure di avvicinamento strumentali denominate GPS/RNAV e basate sull'utilizzo di un GPS.

Si tratta di procedure di "non precisione", in grado di guidare l'aereo sul piano orizzontale, ma non di condurlo fino al suolo, come nel caso delle procedure di "precisione", ragion per cui la parte finale del volo si svolge spesso con un misto di volo a vista e di volo strumentale, con il pilota impegnato a consultare i suoi strumenti e ad individuare visivamente la pista sulla quale deve atterrare.

E qui è probabilmente entrata in ballo un'abitudine ancora molto viva tra i piloti di linea americani, e cioè quella di cercare, ogni volta che sia possibile, di accorciare i tempi di volo e di abbandonare la procedura strumentale per procedere "a vista". Problemi di congestione di traffico non dovevano essercene, perché la destinazione era una base militare, McConnell AFB, e non il trafficatissimo Wichita Mid-Continent Airport, e stando a quanto è trapelato, il comandante su quel campo ci era già atterrato diverse volte.

Ma siccome a creare un incidente sono sempre diverse situazioni concomitanti, questo senso di sicurezza potrebbe addirittura aver contribuito ad abbassare il livello di vigilanza. Poi, a complicare le cose ci si è messa l'ora, circa le dieci di sera, nelle immediate vicinanze di una grande città, con l'elevato inquinamento luminoso che ne consegue, e il fatto che intorno a Wichita, in un raggio di soli 15 chilometri, tra grandi, medi e piccoli, di aeroporti che ne sono ben 10. Tra l'altro, tutti questi aeroporti sono dotati di piste con orientamento molto simile tra di loro, visto che vengono costruite tenendo conto dei venti dominanti nella regione.

Insomma, il classico mix in cui, come diciamo spesso noi, an accident is waiting to happen, è solo questione di tempo. E una botta di stanchezza o un eccessivo senso di sicurezza possono benissimo essere stati la miccia che, il 21 novembre 2013, lo hanno fatto davvero succedere: l'equipaggio ha creduto di aver individuato la pista giusta, ha lasciato perdere gli strumenti ed è andato all'atterraggio... e meno male che 1800 metri di pista sono sufficienti a fermare l'aereo.

E così alla fine tutto si è risolto in un esilarante scambio di battute tra gli imbarazzatissimi piloti e gli sbigottiti controllori di volo. Alla fine non è rimasto che constatare che l'enorme cargo era andato ad atterrare al Colonel James Jabara, un aeroporto secondario situato 15 km più a nord di McConnel AFB, praticamente lungo l'ideale prolungamento della sua pista.

Ovviamente scatenati i media, che senza aver capito molto di quello che era davvero successo, non hanno tuttavia perso l'occasione di lanciarsi in azzardate ipotesi, come quella che vedeva l'incolpevole Dreamlifter condannato ad essere fatto a pezzi sulla pista di Jabara perché "...è lunga solo 1800 metri, e a un Jumbo ne servono 3000"...il che è vero, ma a pieno carico. I protagonisti della strana avventura invece avevano, come sempre alla fine di un volo, poco carburante nei serbatoi, e l'aereo, visto che si recavano a Wichita per caricare dei pezzi necessari al montaggio di un Boeing B-787, era scarico. E così il problema più grosso è stato quello di girare il grosso quadrimotore, che fermo alla fine della pista non poteva, facendo affidamento sui suoi soli mezzi, effettuare l'inversione a U su una pista larga solo 30 metri.

Per risolvere il problema, è stato fatto arrivare da McConnell AFB un trattore di adeguata potenza, che ha aiutato il Dreamlifter a "fare manovra". Nel primo pomeriggio del giorno successivo all'imprevisto atterraggio, sotto gli occhi di una discreta folla di curiosi, il gigantesco cargo ha dunque ripreso il viaggio verso la sua destinazione originaria, dove è atterrato pochi minuti dopo.

"Decollo riuscito al primo tentativo" hanno titolato i soliti media... perché? credevano che se fosse andato male ci sarebbe stata una seconda possibilità?

(22 novembre 2013)

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