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Pianificazione estrema - II

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(segue) 2 - Come avevamo visto in precedenza, le condizioni di volo in Antartide, rappresentano una continua sfida. Forse solo le tratte transoceaniche, e non in tutto, possono essere assimilate al lavoro di trasporto sul continente bianco.


Se alla fine del salto oceanico, si può contare su di un aeroporto dotato di procedure strumentali ed almeno un alternato compatibile con le prestazioni del velivolo, qui bisogna fare molto bene i dovuti conti e tenere in considerazione altri parametri.

A cominciare dal fatto che non esistono procedure strumentali, gli “aeroporti” sono ricavati lavorando la superficie del ghiaccio oceanico o di ghiacciai veri e propri, e che per le loro condizioni fisiche, caratterizzate da un movimento continuo, dette piste non si trovano l’anno successivo nella stessa posizione del precedente, rendendo impossibile o estremamente oneroso, associarvi una procedura strumentale.

Si vola sostanzialmente in uno spazio aereo non controllato, in VFR con minime di compagnia dettate dall’esperienza e, a volte, dalla situazione contingente. Spesso ogni volo è inderogabile, non essendoci alternative al trasporto per via aerea.

pianificazioneestrema2I punti di rifornimento intermedi, necessari al rifornimento dei velivoli sulle tratte continentali, sono null’altro che una striscia di neve libera o liberata dai sastrugi (concrezioni nevose che si formano in seguito all’azione degli instancabili venti antartici) e delimitata da due file di bidoni neri o paline di bambù rosse e da una slitta su cui sono accantonati cumuli di bidoni da 200 litri di JP8. Alcuni (pochi) di essi hanno anche il lusso di un modulo di sopravvivenza nel caso ci si dovesse passare la notte (o meglio le ore corrispondenti alla notte) a causa del deterioramento delle condizioni meteo all’arrivo.

E non è solo la distanza a creare disagi, ma la necessità di organizzare la vita locale a seconda della altezza del sole sull’orizzonte, vista la convergenza dei paralleli verso il polo, fa si che ci si trovi a lavorare con fusi orari piuttosto differenti. Fra la stazione italiana Mario Zucchelli e la stazione italo-francese di Concordia, ci sono circa 1200 Km di distanza, ma ben 5 ore di fuso, altro fattore questo da avere bene in mente quando si tratta di pianificare gli spostamenti, anche in funzione dell’influenza che ha nei confronti dei cicli circadiani degli equipaggi, già messi duramente alla prova dalla mancanza della notte per tutto il periodo estivo.

Il fattore meteo la fa ovviamente da padrone. A parte le stazioni permanenti, dove si può contare su osservazioni meteo standard, tutto il resto è poco più che nulla. Le stazioni automatiche sono poche e spesso rilasciano i dati meteo ai satelliti ARGOS del NOAA che poi li rilanciano in rete al passaggio degli stessi sulle stazioni di download, non assicurando però la disponibilità dei dati in tempo reale. Abituati alla continuità assicurata dai meteosat geostazionari, ci si sente a dir poco scoperti. I passaggi hanno dei “buchi” orari disseminati durante l’arco della giornata legati ai tempi orbitali in cui si rimane senza dati ed immagini.

Anche l’interpretazione richiede una notevole dose di esperienza, preparazione e, perché no, fantasia. Leggere la copertura nuvolosa, quando lo sfondo di riferimento è immancabilmente bianco, non è certamente facile... (continua)

(15 febbraio 2014)

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