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Ritroviamo la motivazione

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Quarant'anni da qualche mese, quasi 10000 ore di volo e ancora non so cosa farò da grande. Il mestiere del pilota è diventato bizzarro. Quando ero un ragazzino, con i miei amici sognavamo di girare il mondo, visitare luoghi lontani e pilotare macchine veloci e complicate: perché più il lavoro è difficile e più è affascinante.


Oggi il mondo l'ho girato parecchio, ma non come credevo alla guida di poderose macchine volanti, ma sempre a fare bagagli in un periodico trasloco alla continua ricerca di un posto dove lavorare tranquillo e mettere su famiglia.

Già, la famiglia. Quanti sacrifici è costretta a fare anche lei e per fortuna che la mia può seguirmi per il mondo, ovunque sia costretto ad andare per trovare condizioni di lavoro serie e rispettose della mia professionalità, prima ancora che della mia persona.

E dopo tantissimi anni mi ritrovo con gli stessi amici di un tempo, e altri conosciuti lungo il cammino,  a domandarci se quel sogno lontano si sia realizzato o se non fosse stato meglio seguire i consigli di chi, forse con una certa invidia, ci diceva che fare il pilota sarebbe stato difficilissimo e dovevamo lasciare perdere.

Difficile, faticoso, pieno di sacrifici, ma alla fine sono felice quando sono lassù, o almeno lo ero.

Oggi sono costretto a fare profonde riflessioni sul mio passato e soprattutto sul mio futuro così incerto nella sua storia, ma soprattutto nella geografia.

Le condizioni economiche mondiali sono peggiorate in tutti i settori e anche in aviazione non si scherza. Tagliare i costi è la parola d'ordine e ovviamente siamo tutti d'accordo, ma c'è un limite a tutto.

Da quando nel 2008 Alitalia ha ridotto gli organici lasciando a terra migliaia di naviganti, e ora che si annunciano altri esuberi, in Italia non è finito solo il sogno di chi ci ha rimesso il posto di lavoro, ma anche di tantissimi giovani il cui sogno non si è neanche mai realizzato.

Una volta c'erano le scuole di volo delle compagnie aeree, dove centinaia di candidati venivano selezionati duramente perché solo i migliori potessero avere l'onore di sedersi sui quei due posti alla prima fila, quella con i finestrini davanti.

E si poteva essere ben fieri di essere riusciti. Oggi per diventare un pilota la passione non basta, servono i soldi e tanti. Tutto il corso è a spese del candidato, che deve investire capitali enormi oppure accollarsi mutui pesanti per iniziare una carriera che poi lo pagherà poco, lo tratterà male e lo renderà schiavo di un sistema nel quale se non ci si allinea alla filosofia aziendale si può perdere tutto in un secondo.

Ed ecco allora che arrivano le migrazioni di massa, da farci una puntata di SuperQuark. Si deve andare lontano, dal Medio Oriente alla Cina passando per paesi centro africani e del sud est asiatico dove almeno un contratto decente viene riconosciuto, ma a che prezzo.

Nei miei odierni incontri tra piloti quella che vedo scomparire è la motivazione, l'ingrediente più importante in tutte le imprese che richiedono grandi dosi di impegno e sacrificio.

È tristissimo parlare con tanti piloti esperti e sentirli dire che sono pronti a chiudere la carriera se solo trovassero un'attività più tranquilla vicino casa, dove ogni giorno che vai a lavoro non rischi che sia l'ultimo, o che il tuo corso comando non dipenda dall'umore dell'esaminatore di turno.

Recenti articoli su testate specializzate lanciano un allarme per gli anni a venire che sembra ironico: mancheranno in Europa centinaia di comandanti e negli Stati Uniti centinaia di piloti.

Ovvio. Con la spesa esorbitante che bisogna affrontare per iniziare a volare le vocazioni negli ultimi anni sono drasticamente diminuite. Ora che gli anziani comandanti devono per forza andare in pensione per raggiunti limiti di età, in Europa non ci sono primi ufficiali con la necessaria esperienza per sostituirli, e negli Stati Uniti mancano proprio i piloti, anche per la giusta decisione di aumentare l’esperienza minima per un pilota di linea da 250 a 1500 ore di volo.

Queste notizie fanno tornare la motivazione, ma non basta. Bisogna che le compagnie aeree tornino ad investire sui giovani talenti e riaprano le scuole di volo senza chiedere un euro a nessuno.

Perché è il migliore che deve andare avanti e non il più ricco, per il bene di una professione sull'orlo dell'estinzione e per la sicurezza dei passeggeri.

(4 aprile 2014)

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