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Parla come mangi

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Si sa che le mamme si rivolgono ai loro pargoletti con il mammese, un linguaggio fatto di parole incomprensibili che ritarda di molto l’età in cui i bambini cominciano a parlare in maniera sensata. Continuare a dire bumba, invece che acqua, fa capire al piccolo che il liquido inodore, incolore e insapore si chiama “bumba”.

Ogni comunità ha un proprio codice comunicativo, fatto di termini che servono a comunicare all’interno e a camuffare il proprio esprimersi con gli estranei. Lo fanno anche gli adolescenti, basta vedere il tipo di sms che mi arrivano al telefonino da parte dei figli per confermare che per loro sono diventato un estraneo.

Vi sono poi dialetti, calate, slang, dei quali il più divertente è il brucculino (lo slang utilizzato dagli italo-americani che vivono a Brooklin), una mescolanza tra dialetto italiano di origine e lingua inglese che dà luogo a strane forme verbali, come: “che ora is it?”.

Anche a bordo abbiamo il pilotese, un linguaggio che può capire solo chi vola. Alcune frasi sono tipiche di chi vola che ormai non sa neanche più perché le utilizza. Qualche esempio?

Siamo tra il lusco e il brusco, per indicare una situazione in cui non si delineano bene i confini, come ad esempio quando l’aereo è sopra le nubi e ancora si trova con un po’ di nuvolaglia (altro termine pilotese).

Oppure, stiamo dalla parte del formentone, per dire “nell’incertezza, prendiamoci dei margini”.

Anche la distorsione dei termini aeronautici, di derivazione inglese, è un po’ la norma, come spoollare i motori, per dire che non devono essere al minimo (da spool, che in inglese significa bobina e che allude al fatto che i motori a turbina devono essere già in grado di erogare potenza, aumentandone i giri, oltre una soglia minima.

Oppure switchare (da to switch, cambiare), seguito da disregardare (da to disregard, cioè non prendere in considerazione), o approcciare (da to approach, avvicinarsi). Se durante l’avvicinamento finale vi sentite dire che occorre decrabbare l’aereo (da crab, granchio), vi stanno dicendo che bisogna allineare la prua nella direzione della pista. Se invece siete in salita e vi chiedono di aumentare il rateo di salita, potete zoommare (da to zoom, traducibile con concentrazione di energia in qualcosa).

Ci sono anche termini che derivano in parte dalla Marina, come accostare per dire virare, oppure armare la quota, per indicare che la quota selezionata, una volta raggiunta, verrà catturata (cioè, mantenuta) dall’autopilota. E poi altre parole che mostrano chiaramente come volare sia un’arte basata sull’approssimazione piuttosto che sulla precisione, come qualcuno pensa.

Ad esempio, se i motori non hanno il settaggio (ancora, da to set, cioè stabilire, mettere) corretto, vale a dire non corrispondono al valore che ci si aspetta, si possono avanzare le manette (le leve per accelerare i motori) un cincinino, che tradotto significa “aumenta di poco il valore che vedi”.

Oppure, la temperatura in cabina passeggeri non è abbastanza confortevole? Aumenta una 'nticchia, che indica una differenza impercettibile, termine derivante forse da tacca o da lenticchia con aferesi iniziale.

Quando si effettua l’atterraggio su pista corta non bisogna cincischiare, (termine che sfido chiunque a tradurre in inglese), cioè non ci si deve mangiare la pista (ritradotto: toccare prima possibile il suolo, perché se arrivi lungo non hai tempo per frenare prima che finisca la pista).

Ad ogni modo, tutte queste espressioni servono a fare arrivare l’aereo in perfetto orario, poiché tutti sanno che in Italia esiste l’orario e il perfetto orario, così come il vietato e il severamente vietato.

Al termine di questa rassegna verrebbe da dire “parla come mangi”, ma del pasto di bordo ne riparleremo un’altra volta.

(29 novembre 2009)

 

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