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Piloti ad interim

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La prossima volta che prendete un aereo, chiedetevi (e magari chiedetelo anche all'equipaggio) se il pilota ai comandi è un dipendente della compagnia a tutti gli effetti, o se presta la sua opera solo occasionalmente. Attenti alla risposta: potreste avere delle sorprese.


Secondo uno studio commissionato dall'Unione Europea all'Università di Gand, sono infatti quasi il 15% i piloti che, nel nostro continente, offrono i loro servizi alle varie compagnie su base occasionale: il lavoro temporaneo è dunque oggi una realtà nel trasporto pubblico passeggeri europeo. E come spesso succede anche in altri campi professionali, sono sorte agenzie specializzate nel reclutamento dei piloti, i quali poi vengono smistati alle compagnie che ne fanno richiesta.

La ricerca dell'università belga ha coinvolto un campione rappresentativo di circa il 10% dei piloti europei, ovviamente di tutte le età, e con esperienza di volo diversa, evidenziando come il fenomeno del lavoro temporaneo abbia attecchito soprattutto nelle fasce estreme di età: vi fanno ricorso infatti principalmente i piloti freschi di formazione e, in second'ordine, i più anziani, magari già titolari di una pensione maturata in decenni di lavoro in una grande compagnia con un contratto di lavoro tradizionale.

Ma c'è di più: sempre dallo studio dell'Università di Gand emerge un fatto che definire anomalo è puro eufemismo: il 70% dei piloti che si affidano alle agenzie di lavoro temporaneo finiscono in realtà per volare sempre per la stessa compagnia, la quale rinnova loro il contratto, alla sua scadenza, dopo un più o meno breve (generalmente in funzione della domanda del mercato) periodo di “non lavoro”: una sorta dunque di “ferie non retribuite” in periodo di bassa stagione prima di rimettersi la divisa e ripartire… sempre per conto della stessa agenzia, e sempre con la stessa compagnia.

Nella pratica, ciò priva di fatto i piloti di ogni eventuale vantaggio legato al lavoro temporaneo, primo tra tutti quello della flessibilità d'impiego, visto che la domanda è comunque legata alla stagionalità dei picchi di traffico aereo, condannandoli al tal tempo stesso a subirne tutti gli svantaggi, come l'incertezza sul mantenimento del lavoro e lo scarso (se non nullo) potere contrattuale.

Non c'è bisogno infatti di grossa immaginazione per capire, tanto per fare un esempio, che di fronte alle sempre più pressanti richieste dei manager di ridurre al minimo gli imbarchi di carburante extra (che facendo aumentare il peso genera un maggior consumo), un comandante in scadenza di contratto ci penserà due volte prima di rifornire quelle tre o quattro tonnellate in più che magari gli consentirebbero di gestire una situazione meteo o di traffico un po' ingarbugliata all'arrivo… e certe “epidemie” di dirottamenti all'alternato in emergenza carburante sono in proposito illuminanti.

Allo stesso modo un pilota sottoposto ad una turnazione che, pur rispettando almeno sulla carta le Flight Time Limitations imposte dalle leggi europee (e duramente contestate dai piloti), risulti ugualmente faticosa o impossibile da rispettare senza andare oltre i limiti si guarderà bene dal riportare l'accaduto alle autorità… almeno se vuole essere sicuro di essere riconfermato nel suo posto in cockpit.

Il che, in un campo come quello del trasporto aereo, nel quale i piloti rappresentano l'ultima barriera protettiva contro l'incidente, pone qualche problema di sicurezza.

Sì, perché la preoccupazione di perdere il proprio, sia pur temporaneo, lavoro per il semplice fatto di esercitare le proprie funzioni professionali senza sottostare ad alcun genere di pressione di carattere non strettamente operativo potrebbe indurre (e di fatto è già accaduto, sia pure senza gravi conseguenze) qualcuno ad erodere un po' di quei margini di sicurezza che l'aviazione commerciale si è nel corso degli anni data.

(21 marzo 2015)

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