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E' lui o non è lui?

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Mentre il pezzo d'aereo ritrovato sulle coste dell'isola africana di Réunion sta ormai arrivando in Francia (la Réunion è territorio francese) è lecito porsi due domande. La prima riguarda la reale provenienza del pezzo stesso dall'ala di un Boeing B-777, e la risposta non dovrebbe tardare ad arrivare.


Una volta ripulito dai depositi di conchiglie e alghe, una volta liberato dalle cospicue tracce di ossidazione, una volta sottoposto all'esame accurato di tecnici specializzati, si potrà finalmente capire se forma e dimensione del reperto sono compatibili con quelle di una delle tante superfici di controllo presenti sull'ala di un B-777, e in particolare se si tratta davvero di uno dei due flaperon.

flaperonIl flaperon è una superficie mobile che può essere estesa insieme ai flap propriamente detti per aumentare la portanza dell'ala a velocità ridotta (tale estensione è simmetrica sulle due semiali) e che al tempo stesso ha una escursione (asimmetrica sulle due semiali) comandata dal volantino dei piloti o dall'autopilota al fine di coadiuvare gli alettoni (in inglese: aileron, e di qui il termine flaperon, cioè flap e aileron al tempo stesso) per generare il movimento di rollio che consente all'aereo di virare.

E se davvero si tratta di un pezzo di aereo è molto probabile che, una volta ripulito a dovere, sveli la presenza di targhette o numeri di identificazione capaci di stabilire con certezza cosa sia e da dove provenga. In ogni caso, se davvero sarà identificato come appartenente all'ala di un B-777, ci sarebbe comunque la ragionevole certezza, anche in mancanza di una identificazione più precisa, che esso provenga da quello scomparso nella notte dell'8 marzo 2014, visto che non si ha notizia di nessun altro B-777 sparito in quella parte del mondo.

Ma anche ammesso che davvero sia un flaperon (o qualsiasi altra parte) del Boeing malese, ecco che si arriva alla seconda domanda: può questo pezzo dirci dove sia la parte principale del relitto, che presumibilmente contiene le scatole nere? E, in subordine, ci può illuminare sulle ragioni della scomparsa del volo MH-370? La risposta a questa seconda domanda temiamo che sia ben più difficile da fornire.

Infatti, benché l'andamento generale delle correnti dell'Oceano Indiano renda plausibile (pur con qualche riserva già avanzata da alcuni oceanografi) il ritrovamento di relitti di questo genere nella zona della Réunion, e anche il lasso di tempo intercorso sia grosso modo compatibile con la velocità di tali correnti, bisogna pur sempre tener conto che la zona di presunto inabissamento è, appunto, presunta. La sua identificazione, più volte corretta nel corso delle ricerche, è infatti frutto di tecniche di localizzazione nuove, messe a punto dai tecnici Inmarsat a posteriori, e che dunque mancano di quella validazione basata sull'esperienza che è viceversa alla base delle moderne tecniche di investigazione sugli incidenti aerei.

E se questo ritrovamento ha comprensibilmente avuto un impatto emotivo fortissimo sui familiari delle vittime, chi si occupa di sicurezza aerea ha ovviamente altre priorità. E tra queste priorità, ovviamente, c'è quella di ritrovare il nucleo principale del relitto, e magari le scatole nere, che sarebbero in grado di farci capire la dinamica della scomparsa, al di là delle ipotesi di indagine più o meno fantasiose che ci sono in queste ore ammannite da sedicenti analisti ed esperti.

Quanto poi possano davvero rivelare, se ritrovate, le scatole nere è un argomento sul quale gli esperti di indagini aeree sono divisi, ma questo è un altro discorso, del quale ci occuperemo un'altra volta.

Per ora aspettiamo di vedere se davvero quello ritrovato su una spiaggia africana è un pezzo del B-777 malese e se nelle prossime settimane le correnti oceaniche ci porteranno altri pezzi (i più leggeri e quindi in grado di galleggiare) sui quali lavorare.

(31 luglio 2015)

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