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I droni

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Voi non lo sapete, ma sulla vostra testa si sta incrementando un traffico di oggetti volanti più o meno pesanti che è di moda chiamare droni. Dal punto di vista etimologico la parola, come quasi tutte le cose relative all’aviazione moderna, deriva guarda caso dall’inglese.


Il significato stava originariamente per “rimbombo”, e più recentemente, come riferimento al maschio dell’ape, il fuco. In realtà, paragonare un insetto, per di più maschio, a questi oggetti volanti potrebbe oggi non essere più pertinente, poiché siamo arrivati a far decollare ed atterrare anche dei B-747, i giganti dei cieli, senza piloti a bordo.

E poi il fuco è famoso per la sua passività, tanto da essere usato in passato come bersaglio per le esercitazioni degli aerei militari in volo. Questa passività, oggi, è diventata anacronistica, per una serie di utilizzi che via via si stanno ideando per questo tipo di macchine. L’unica cosa volante passiva è rimasto il Comandante di aereo quando torna a casa.

Le possibilità offerte dall’uso dei droni sono molto interessanti e spaziano dal volo militare a quello civile, dalle missioni di guerra a quelle umanitarie, dalle ispezioni visive a soccorsi medici. Iniziamo a ragionare sull’utilizzo in campo militare e poi veniamo all’uso nel settore civile.

Pensiamo a cosa significhi per l’aviazione militare mandare un pilota, che per essere formato, addestrato e tenuto in allenamento richiede un investimento di milioni di euro, sulla zona di battaglia con il pericolo di essere abbattuto con il proprio aereo, sia dalla contraerea, sia da altri aerei in un combattimento.

Inoltre, l’essere umano è preda delle emozioni. Può ad esempio provare paura, può non essere orientato all’obiettivo per un normale istinto di conservazione, può sottovalutare dei pericoli, come sovrastimare le proprie capacità. Può essere inoltre catturato dai nemici, che poi lo mettono in onda in mondovisione, con la faccia piena di lividi, come capitò al capitano della nostra aviazione durante la prima guerra del Golfo. Tra l’altro, quell’equipaggio era stato l’unico in grado ad effettuare il rifornimento in volo e continuare la missione fino a sorvolare il bersaglio. Purtroppo, furono abbattuti, ma quello rientra nelle eventualità di un’azione di guerra.

I droni sono più leggeri, richiedono meno investimenti, portano più armi, sono manovrabili anche con fattori di carico estremi, cosa che invece un pilota in carne ed ossa a bordo di un velivolo può fare solo se ha la tuta anti-g.

Di contro, quando un drone viene abbattuto poi c’è bisogno di qualcuno che vada a recuperare il relitto per una questione di segreto militare, e per poter eventualmente riutilizzare il mezzo. E quindi, comunque, c'è bisogno di truppe di terra che devono sfidare campi minati, cecchini nemici, lunghe marce in territorio ostile per recuperare questo cimelio. Giustamente, dicono loro, per risparmiare la vita a un pilota poi ne fanno secchi dieci di noi: che conti avete fatto?

A questa sorta di antagonismo tra piloti e truppe di terra, se ne aggiunge un altro tra piloti. Infatti, è sorta negli Stati Uniti un’annosa questione sull’equità dell’assegnazione della medaglia al valore ai piloti di droni. In realtà, la medaglia al valore deve essere concessa per due motivi: da una parte, uno deve aver portato ad un’indubbia vittoria o vantaggio per la nostra parte -distruggendo o neutralizzando una pericolosa minaccia- dall’altra ciò deve essere fatto mettendo a repentaglio la propria incolumità.

Ora, un pilota di drone telecomanda da Denver, Colorado, una missione che deve distruggere un covo di talebani in Afghanistan. Dove starebbe, secondo i “veri” piloti militari, il pericolo corso da uno che si trova dentro una sala di controllo, con un telecomando in mano e l’aria condizionata? È presto detto; per andare da casa al lavoro, a Denver, il pilota di drone ha corso gravi pericoli e deve aver fatto di tutto per rimanere incolume...

...secondo le statistiche, il numero di morti dovuti a sparatorie in quella città americana è tra i più alti del mondo.

(11 novembre 2015)

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