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La fatica uccide

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Non è una novità che la fatica sia uno dei fattori più ricorrenti tra gli incidenti aerei. Si ripete come un mantra in ogni corso di Human Factor e lo si legge spesso sui giornali a seguito di tragedie nei trasporti. Ma allora perché nessuno fa niente?


Pochi giorni fa un autobus si è ribaltato per un colpo di sonno dell'autista uccidendo 13 giovani ragazzi dell'Erasmus: era partito alle tre di mattina. Il B737 FlyDubai precipitato a Rostov sul Don era impegnato in un volo notturno e, sebbene l'investigazione non sia terminata, basta guardare il foglio turni del copilota per capire quanto sia esagerato il carico di lavoro in questa compagnia.

flydubai_roster

(fonte www.rt.com) 

In circostanze tali è troppo facile dare la colpa all'autista o al pilota, quando invece bisognerebbe criticare chi pone questi lavoratori nelle condizioni di non poter eseguire il proprio lavoro riposati e in sicurezza.

I responsabili sono tanti: le autorità che creano le tabelle con le ore di volo massime consentite a livelli inumani, gli enti aeronautici che non controllano e soprattutto le compagnie aeree che creano delle turnazioni pericolose.

Non si può lavorare dodici ore consecutive, avendo solo otto giorni liberi al mese ed effettuando una sequenza di voli notturni là dove il ciclo circadiano ordina di restare a riposo. L'essere umano non è un robot, non per niente la scienza stabilisce che la notte è fatta per dormire.

Risparmiare sulla sicurezza è quanto di più stupido ci sia in un business, soprattutto nei trasporti. Eppure i management di moltissime compagnie aeree, grandi e piccole, per ridurre gli stipendi da pagare, mantengono il numero degli equipaggi sottodimensionato, facendo lavorare tantissimo i pochi che hanno. È una scommessa col destino e finché la fortuna tiene, il morto non ci scappa, ma è solo questione di tempo come si è visto.

Purtroppo non possono essere i piloti a lamentarsi. In questa delicata professione ormai è diventato difficilissimo trovare lavoro, ma facilissimo perderlo, e ai manager non piacciono i piloti che parlano troppo, quelli che contestano i turni o che aprono malattia perché esausti.

Forse ora si comincia a capire che i cosiddetti “privilegi”, di cui erano accusati di godere i piloti da un certo giornalismo di parte, altro non erano che strumenti per mitigare la fatica a tutto vantaggio della sicurezza.

Siete rimasti solo voi passeggeri gli unici in grado di fare qualcosa per migliorare la situazione: quando volate, pretendete di sapere a che ora si è svegliato l'equipaggio e quando è stato il loro ultimo giorno di riposo; se non siete tranquilli, scendete e prendete il treno o l'autobus, dove nuovamente dovrete fare la stessa domanda all'equipaggio a bordo.

Lo, so! Così facendo non resta che guidare la propria auto sperando che dall'altra corsia non arrivi un matto contromano, ma se questo è il futuro del trasporto che ci siamo scelti... fermate il mondo voglio scendere.

(28 marzo 2016)

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