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Fermate il mondo... - I

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I - “...se questo è il futuro del trasporto che ci siamo scelti... fermate il mondo voglio scendere”. Termina con queste parole un recente articolo di Ivan Anzellotti per MdV. A me il mondo me lo hanno fermato e mi hanno fatto scendere qualche anno fa, e ci sono rimasto male, anche se a posteriori…


A posteriori ci sono dei momenti in cui sono quasi contento di essere stato messo a terra dalla famigerata (e fallimentare) cordata dei patrioti berlusconiani, soprattutto quando leggo articoli come quello di Ivan, o quando parlando con i colleghi rimasti in attività scopro che certe turnazioni, che ai miei tempi avrebbero fatto gridare allo scandalo, sono oggi ordinaria amministrazione in molte compagnie.

Se le cose stanno davvero così, e non ho ragione di dubitare delle parole di colleghi che conosco, stimo e rispetto da decenni e dei quali mi è nota la straordinaria passione per il volo, ecco, forse è meglio che me ne stia a terra.

Perché senza stare a fare tanti giri di parole, turni come quello dell'equipaggio precipitato a Rostov sono quello che qualsiasi pilota di buon senso definirebbe “an accident waiting to happen”, un incidente che sta aspettando di accadere.

E se questo è il futuro del trasporto che ci siamo scelti, allora fermate il mondo voglio scendere… ma questo l'ha già scritto Ivan, e io sono già sceso. Anche se poi, pur di pilotare qualcosa, mi sono messo a fare una cosa che a posteriori ho scoperto essere quanto di più simile esista, senza staccare le ruote da terra, a pilotare un aereo.

Da qualche anno a questa parte, infatti, ho riempito le mie giornate di esodato prima e pensionato poi prestando la mia opera di volontario per la Pubblica Assistenza della mia città, e di corso in corso sono diventato dapprima soccorritore di primo livello, poi di secondo (quelli abilitati a intervenire in emergenza), e poi autista di mezzi impegnati in servizi ordinari, come il trasferimento e la dimissione di malati, o l'accompagnamento di infermi a visite o servizi di riabilitazione.

Sbocco naturale di questo processo, per chi ne ha tempo e voglia, è la qualifica di autista di ambulanza in servizio di emergenza. E siccome tempo e motivazioni non mi mancavano, alla fine sono un “autista soccorritore”, anche se per non darmi troppa importanza tendo a minimizzare dicendo in giro che l'ho fatto solo per poter passare col rosso.

In realtà, una volta arrivato alla fine del processo formativo, fin dalla prima volta che ho acceso la sirena (la cosa non è difficile in sé, il difficile sta nel riuscire in contemporanea a non spegnere il cervello) mi sono accorto che tra pilotare un'ambulanza e un aereo non c'è poi grande differenza, anzi.

Ma questo ve lo racconto un'altra volta. (continua)

(6 aprile 2016)

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