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I, human

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Ho appena terminato di leggere “I, Human” di Sam Kohli. Dico subito a bruciapelo che è uno dei migliori testi di Human Factor che ho mai letto: chiaro, logico, consequenziale, e con un'architettura che permette al lettore di capire costantemente qual è il flusso di pensieri che sta seguendo e verso quale destinazione vuole condurlo l'autore.


I_humanSamir (Sam) Kohli è un Comandante indiano che è stato consulente per diverse organizzazioni e che soprattutto ha scritto altri libri sulla sicurezza, tra i quali “Waiting to happen” e “Into oblivion” (sull'incidente accaduto al volo Malaysian MH 370, scomparso un anno fa e del quale si sono perse le tracce).

“Waiting to happen” verte sull'analisi di alcuni incidenti tra i quali quello dell'Air India Express 812, in cui un equipaggio effettuò un avvicinamento destabilizzato sull'aeroporto di Mangalore, terminato purtroppo con un over-run che ha portato l'aereo in fondo ad una scarpata, prendendo fuoco e provocando la morte di quasi tutte le persone a bordo. L'analisi mi colpì per la sua sistematicità, per il punto di vista dell'esperto di sicurezza che inanella tutta una serie di deficienze strutturali, di valutazioni del rischio superficiali, di colpevoli omissioni da parte di chi deve vigilare, oltre a menzionare tutto ciò che ruota intorno allo scarico delle responsabilità in seguito ad un incidente.

Il libro mi piacque moltissimo ed infatti vinse diversi riconoscimento a livello internazionale, tra i quali l'award della Flight Safety Foundation.

“I, Human” è invece un libro interamente sul fattore umano, perché occorre capire che la stragrande maggioranza degli incidenti avviene proprio a causa del contributo umano. Tuttavia, l'essere umano non può essere rimosso da alcuni sistemi ad alto rischio e ad altra complessità perché, ad oggi, le macchine sarebbero ancora più pericolose. Non a caso, risale ad Alan Turing, il padre della moderna cibernetica, la massima: “Se una macchina è intelligente, non sarà infallibile; se è infallibile, non sarà intelligente”.

Quindi, occorre capire l'uomo per renderlo adatto a gestire processi complessi. Dato che occorre convivere con l'elemento umano, dobbiamo sempre immaginare che dietro ogni operatore ci sia un mondo, fatto di educazione giovanile dato dalla famiglia di origine, di cultura di appartenenza, di responsabilità condivise all'infuori dell'ambito lavorativo, di principi, di ideali, così come di comportamenti e di convinzioni.

L'incapacità di comprendere l'essere umano porta alla maggior parte dei disastri aeronautici, poiché nessun processo organizzativo può funzionare senza aver compreso chi deve eseguire i vari compiti, né chi deve supervisionare le attività. Noi agiamo per uno scopo, cercando costantemente un significato a quello che facciamo.

Ipotizzare degli esseri umani simili a robot o a Superman non può far altro che portare il sistema a collassare prima o poi. Non a caso, nelle grandi aziende i tradizionali “Uffici del personale” sono stati rinominati nel tempo “Gestione del personale” e poi “Risorse umane”. Non è solo un cambio di etichetta (a volte, sì..) ma un proprio cambio di paradigma.

Il libro si articola in tre parti: la personalità, i comportamenti, gli errori.

Nella parte “Personalità” c'è un'interessantissima disamina dell'analisi transazionale, una branca della psicologia applicata, di derivazione psicoanalitica, ma con un ancoraggio alla vita reale che induce il lettore ad un'attenta riflessione.

La parte “Comportamenti” tratta una serie di fenomeni come i bisogni, il conflitto, lo stress, le paure e la rabbia. Così come Socrate insisteva sul “conosci te stesso”, anche qui l'Autore vuole portare il lettore a riflettere sulle reali dinamiche che quotidianamente ci troviamo ad affrontare spesso senza aver riflettuto su gran parte dei nostri stessi comportamenti.

Infine, la parte “Errori” viene affrontata in modo costruttivo, cioè capire fino a che punto è utile punire un errore, dato che l'essere umano è, come diceva lo psicologo James Reason, “a fallible machine”. Adeguata enfasi viene posta sull'errore organizzativo, cioè quella tipologia di errori che sono latenti, prodotti dalle disfunzioni di ogni organizzazione, che sono in attesa di produrre incidenti; “waiting to happen”, appunto.

In sintesi, un libro che andrebbe letto da chi voglia approfondire la poliedrica natura dell'uomo, per coglierne le peculiarità quando opera negli ambienti ad alto rischio. Quindi, è consigliabile per chi, come gli operatori di front-line applica, volente o nolente, questi concetti quotidianamente, ma ancor di più ai manager che devono gestire compagnie aeree molto complesse, delle quali di solito conoscono più i bilanci che le persone che contribuiscono a fornire i numeri con cui quei bilanci sono fatti.

(16 aprile 2016)

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