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Si è tenuto il 22 luglio scorso a Putrajaya, in Malesia un incontro ufficiale tra i ministri dei Trasporti di Australia, Cina e Malesia destinato a fare il punto sulle ricerche del volo MH 370, scomparso quasi due anni e mezzo fa mentre era in rotta da Kuala Lumpur a Pechino con 239 persone a bordo.


I tre ministri, ovviamente a conoscenza degli ultimi aggiornamenti sullo stato della ricerca, hanno espresso la “...loro gratitudine alle molte nazioni del mondo che, a qualsiasi titolo, hanno fornito le loro competenze e altre forme di assistenza...” nei quasi due e anni e mezzo trascorsi da quel fatidico 8 marzo 2014.

Hanno altresì sottolineato le difficoltà (e i conseguenti ritardi) di una ricerca condotta con l’ausilio di apparecchiature tecnologicamente all’avanguardia, ma spesso soggette a guasti, e in una zona dell'Oceano Indiano dove le condizioni meteorologiche e lo stato del mare sono per lunga parte dell’anno inclementi.

L'attenzione è stata focalizzata anche sulle scoperte di detriti sulle coste africane. Vale la pena notare come in questi ultimi mesi i ritrovamenti si siano moltiplicati, e anche se in certi casi la certezza matematica sulla loro provenienza dal B-777 scomparso non è stata raggiunta, è comunque ragionevole assumere per buona la maggior parte delle segnalazioni ricevute.

A fronte di questo, occorre tuttavia ammettere che ricostruire all’indietro il percorso di pezzi la cui foggia e capacità di galleggiamento differiscono notevolmente risulta, a detta degli esperti di correnti marine, praticamente impossibile. Basti pensare che alcuni studi condotti in tal senso sono giunti a conclusioni opposte, gli uni sostenendo che si dovrebbe cercare più a sud, gli altri invece indicando l’ipotetico luogo di inabissamento più a nord della zona nella quale le ricerche si sono fin qui infruttuosamente  concentrate.

Di fatto dunque detti ritrovamenti sono, allo stato attuale delle cose, inutilizzabili ai fini di una localizzazione più precisa del luogo in cui l’aereo si è inabissato, e dove dunque sarebbe ragionevole concentrare le ricerche.

Ricerche che si sono fin qui svolte lungo uno degli archi costruiti seguendo la mappatura che i ricercatori avevano fornito basandosi sui segnali (handshakes) intercettati dai satelliti Inmarsat, e in particolare su una caratteristica di tali segnali fino ad oggi poco studiata, che va sotto il nome di Burst Time Offset.

Come tutti gli strumenti di indagine dei quali ci si avvale operativamente per la prima volta, ovviamente non è possibile pronunciarsi sul grado di attendibilità dei risultati, ma la mancanza di altri indizi aveva portato comunque a localizzare una zona di 120.000 kilometri quadrati che nell’arco di oltre due anni, e con le difficoltà cui accennavamo prima, è stata ormai quasi completamente mappata e setacciata.

Restano a questo punto solo 10.000 kmq e (e qui sta la vera notizia uscita da questa riunione a tre) se una volta coperta anche questa rimanente zona non si dovesse arrivare all’identificazione dei rottami principali di MH 370, allora le operazioni di ricerca verrebbero sospese.

I ministri ci hanno tenuto a precisare che “...sospensione non significa la cessazione della ricerca...”, ribadendo che “...l'aspirazione ad individuare MH370 non è stata abbandonata...”, e affermando che “...qualora dovessero emergere nuove e credibili informazioni utili ad identificare la posizione specifica del velivolo, saranno presi in considerazione ulteriori passi.

E tuttavia questa ultima parte della dichiarazione, così come il doveroso accenno iniziale “...all’enorme senso di dolore provato da così tante persone in seguito alla tragica scomparsa di MH 370...” suonano sostanzialmente come esercizi di retorica tesi ad addolcire, agli occhi dell’opinione pubblica, l’amara verità: le speranze di ritrovare il relitto dell’aereo scomparso sono ormai esaurite.

Opinione pubblica che non ha del resto tardato a farsi sentire nelle aspre reazioni dei parenti delle vittime e nel rilancio, da parte di molti media, di ipotesi già a suo tempo scartate dagli investigatori. Una tra tutte, quella delle rotte che si sostiene siano state ritrovate nel Flight Simulator del comandate, e una delle quali coinciderebbe con quella presumibilmente seguita nella notte dell’8 marzo 2014 dal B-777 malese.

Alle orecchie degli addetti ai lavori però le parole dei tre ministri hanno un solo significato: la partita è finita, e il mistero del volo MH 370 è purtroppo destinato a rimanere tale.

(29 luglio 2016)

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