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Povera Alitalia, che fine hai fatto

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Assistere da lontano all’agonia dell’Alitalia è quasi più doloroso di quando l’ho vissuta di persona nel 2008. Purtroppo sono un sognatore, e in questi anni non ho mai smesso di tifare per la nostra ex-compagnia di bandiera sperando di vederla di nuovo tra le grandi del mondo.


Non certo per tornarci a lavorare. Il discorso è chiuso da tempo e me ne sono fatto una ragione. Lo dico per una viscerale passione per l’aviazione che mi porto dietro da quando sono ragazzino. Mi fa soffrire il vedere pezzi importanti della storia del volo italiano, come appunto l’Alitalia, essere ridotti lentamente a dei rottami, con il rischio reale di scomparire definitivamente dal panorama aviatorio mondiale.

Ma perché? Mi verrebbe da urlare a squarciagola. Possibile che in un periodo in cui da diversi anni tutte le compagnie del mondo migliorano i profitti, incrementano le proprie flotte e aumentano le destinazioni, solo Alitalia non riesce a decollare?

Eppure le condizioni messe in atto nel 2009 con la rinascita della compagnia sono state qualcosa d’inimmaginabile per spianare la strada da qualsiasi rischio d’impresa con la creazione di una good-company epurata da debiti, ridotta nel personale, con agevolazioni di ogni tipo e la mancata quotazione in borsa.

E niente! Nonostante l’impegno dei capitani coraggiosi, l’intervento diretto dell’allora capo del Governo, una serie di nuovi amministratori, e poi addirittura con l’arrivo di Montezemolo e il potente aiuto di Etihad oggi, dopo otto anni dal primo disastro, siamo di nuovo di fronte a uno tsunami di proporzioni epocali.

Ma tranquilli! La soluzione c’è ed è quasi pronta, una strategia manageriale innovativa, partorita da menti geniali con una esperienza e una competenza nel settore trasporti leggendaria: tagli al personale!

Lo so. Vi starete chiedendo se col volare troppo i raggi cosmici mi abbiano danneggiato la materia grigia, o se per caso questa storia dei tagli l’abbiate sentita già almeno un centinaio di volte nei passati otto anni. Purtroppo questa è la realtà, che lo vogliate o no. Neanche di fronte all’evidenza del fatto che la strategia dei tagli sia stata già usata e si sia dimostrata un fallimento, si continua imperterriti proporla come l’unico viatico.

Come si dice? Errare è umano perseverare è diabolico. Se avessi la possibilità di parlare di persona con Mr. Ball gli chiederei semplicemente: ha mai giocato da bambino a Monopoli e a Risiko? Quei giochi di strategia dove si cominciano a sviluppare le prime abilità gestionali e dove si impara che a tagliare troppo si finisce senza una casa o un albergo per far pagare gli avversari, o con le uniche tre armate rimaste intrappolate in Jacuzia, a guardare gli altri contendenti che si divertendo a spartirsi il mondo.

Fare il manager è un lavoro difficile, non lo metto in dubbio, e non avendolo mai fatto, chiuso in cockpit da anni a tirare su e giù il carrello, mi manca sicuramente la formazione accademica per capire i fenomeni che lo riguardano.

Però di una cosa sono sicuro e continuo a ripeterla nei miei articoli e nelle discussioni che intraprendo nei social network che frequento: il personale è la risorsa più importante per il successo di una azienda e non uno strumento da sfruttare al massimo delle possibilità con il minimo del riconoscimento.

È imbarazzante notare quanto nessun piano serio e credibile sia stato mai portato avanti dal management di Alitalia, che continua con lo sport estremo di criticare i dipendenti, facendo pagare loro il costo della propria incompetenza.

È anche vero che la controparte non è di migliore qualità. A oggi contiamo almeno dieci sigle sindacali, solo per i piloti, che si spartiscono il potere di contrattare con l’azienda. Poi ci sono quelle per gli assistenti di volo e il personale di terra. Se neanche dopo il 2008 si è riusciti a unificare in una, o almeno poche, organizzazioni in grado di fronteggiare la cronica mancanza di strategie aziendali è evidente che gli strumenti di difesa per i singoli sono inesistenti.

Più il tempo passa e più la strada del risanamento si fa difficile tra la pressione delle low-cost nel mercato domestico e quello delle major nei voli intercontinentali.

Volere è potere. Ma il salvataggio di Alitalia è veramente l’obiettivo dei vertici della compagnia voluti da Etihad? Io, inizio ad avere dei dubbi.

(29 marzo 2017)

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