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Albergo, dolce albergo

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Non ho mai sentito nessun navigante dire: “albergo, dolce albergo”. Ci sarà pure un motivo, no? Uno si affezionerebbe pure ad un albergo, se questo fosse un posto ospitale, se ti facesse sentire a tuo agio. Purtroppo l'albergo, per chi vola, è luogo di puntuali umiliazioni.

Non per il personale della reception, che quasi sempre è gentile e disponibile. Né per il personale ai piani che ti saluta sempre sorridente. E' l’architettura delle camere d’albergo, che per un pilota rappresenta metà del suo ecosistema, ad essere, diciamolo pure, un attentato alla tua autostima.

A me, ad esempio, ciò che mi fa sentire cretino è il non sapere usare la doccia in albergo. O meglio, la uso dopo notevoli sacrifici e ciò mi provoca delle crisi di identità. Non ci sono due alberghi, dico due, anche della stessa catena alberghiera, che abbiano lo stesso sistema per aprire l’acqua della doccia.

Da qualche parte ho letto che esiste anche il Nobel per le invenzioni più stupide. Però, nessuno ha mai pensato di iscrivere d’ufficio gli architetti che disegnano i bagni d’albergo?

Che ci vorrà mai a disegnare una doccia? Un tubo, un rubinetto con miscelatore, un posto dove mettere una saponetta o un flacone di shampoo. Ci arrivo anche io; non deve essere così complicato.

Invece no.

Ci sono alberghi dove non si trova il rubinetto. Lo hanno associato alla cipolla che si trova in alto, per regolare la temperatura con un termostato che si trova in basso e che naturalmente raramente fornisce la temperatura giusta.

Per non parlare del tappo della vasca. Io sto molto attento a non pestarlo, mentre mi lavo, perché non so mai come riaprirlo. Comincio a toccare tutto ciò che assomiglia a una leva, a dei bottoni, ad un verricello. La cordicella no, perché per aprire il tappo della vasca ho attivato l’allarme.

Finalmente, dopo anni di lotta con le docce di tutto il mondo, da cui sono uscito vittorioso, senza ricorrere all’aiutino esterno della reception, mi sono finalmente arreso nel nuovo albergo di Trieste. Mi ha consolato il portiere d’albergo, dicendomi che nessuno trova la leva per aprire la doccia. Il fatto è che prima di arrendermi è passata una buona mezz’ora. Se fossi stato un americano, avrei dovuto citare in giudizio l’inventore e l’esecutore che hanno ideato e montato la doccia, per avermi sottratto mezz’ora di vita.

Secondo me, questi due frequentano le messe nere, perché questa era veramente diabolica. Il cavo che porta l’acqua dal rubinetto alla doccia ha un anellino proprio sopra la “cipolla” posta sul supporto in alto, che è ovviamente invisibile dal basso e che va ruotato in senso anti-orario per permettere di avere l’acqua nel flessibile della doccia.

Se riesci al primo colpo a capire come funziona, senza chiamare il portiere d’albergo, Bartezzaghi lo prendi di tacco.

(13 dicembre 2009)

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