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Una giornata particolare - III

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(segue) III – Ed eccomi qui, in partenza per la nuova destinazione, Cagliari, con accanto un pilota che non avevo mai visto. Gli ho chiesto quale fosse la sua estrazione, che esperienza avesse, ma essendo un mio coetaneo ho pensato che sul suo libretto ci fossero parecchie ore di volo.


Anche a Cagliari l’atterraggio avviene regolarmente anche perché non c’è tanto traffico, la visibilità è buona e il vento allineato con la pista. Dopo l’arrivo ci portano i documenti e leggiamo le previsioni di Roma (che avevamo lasciato un’ora prima) che indicano un rinforzo del vento, con pioggia. Sembra una previsione catastrofista, ma come si dice “il pilota è un pessimista fortunato”, cioè si prepara al peggio per trovare condizioni migliori. Imbarchiamo di nuovo una quantità di carburante adeguata per avere margini, con altri aeroporti alternati e un’attesa di almeno mezz’ora.

La tratta, come consuetudine, tocca al copilota. Partiamo da Cagliari, raggiungiamo la quota di crociera e mentre stiamo in contatto con Roma radar veniamo informati che c’è un cambio pista previsto perché il vento è rinforzato da ovest. Stavolta, l’esperienza mi dice che il movimento delle nubi sta prefigurando una situazione simile a quella vissuta poche ore prima; grande folata di vento, seguita da un periodo di vento mite. Dopo una breve attesa, necessaria per dare il tempo al controllore di torre di cambiare la pista in uso (la stessa per decolli e atterraggi) cominciamo il nostro avvicinamento.

Di nuovo ghiaccio, di nuovo turbolenza, di nuovo frequenza radio congestionate dove è difficile parlare. Arrivati in dirittura finale, però, contrariamente a quanto suggerito dalle mie capacità divinatorie, il vento è aumentato, la pioggia è ancora sulla pista e gli aerei davanti a noi vengono rallentati aumentando le separazioni longitudinali. Il controllore radar deve inserire tra l’altro anche un aereo che sta atterrando a Ciampino e siccome le nostre rotte si intersecano, decide di tenerci ad una quota superiore al previsto che comporterà anche una discesa ripida una volta che l’altro aereo ci sarà passato sotto. Tutto questo con un gracchiare continuo di aerei che parlano freneticamente, lo scroscio della pioggia, il vento che muove l’aereo, la preoccupazione di dover scendere per mantenere il sentiero di discesa.

Mi si accende la lampadina: non ho mai volato con questo pilota, non so che capacità abbia e la situazione si sta facendo molto impegnativa. L’ultimo riporto meteo che prendiamo dà un vento ancora più forte del previsto e nel frattempo ha anche girato di direzione, portando una consistente componente al traverso. Faccio una domanda per la quale mi dovrebbero togliere ogni credito di esperto di fattore umano: “Te la senti?”. Dire ad un pilota te la senti è come dire a mia figlia: “Riesci a spendere mille euro in un pomeriggio?”. Può mai dire di no?

La mia domanda, in realtà, è propedeutica a dire: “La situazione è critica; quindi, farò io l’atterraggio”. Però, considerata l’età e l’esperienza del pilota, presumo che sia davvero in grado di fare l’atterraggio con quelle condizioni impegnative. Una volta stabilizzati in finale, riepilogo cosa fare in caso di windshear, quale sarà la procedura di interruzione dell’avvicinamento, fornisco le battute di vento lette sugli strumenti. Tutto bene fino all’inizio della pista.

Poi, in due secondi, ecco che si materializza il famigerato “cigno nero”: il copilota (che è PF, pilot flying: ha lui i comandi in mano) non si accorge che l’aereo sta sprofondando… (continua)

(29 aprile 2017)

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