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L'importanza del piano B

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Lungi da me giudicare dei colleghi, certo è che per atterrare dopo tre tentativi sempre sullo stesso aeroporto e con pochissimo carburante rimanente, bisogna avere motivi più che validi le cui spiegazioni, nel caso dell'equipaggio dell'Air Moldova, se necessarie, saranno date a chi di dovere.


Io vorrei solo cogliere lo spunto offerto da questo evento per esprimere alcune considerazioni sull'importanza di avere sempre un piano di riserva, il famoso piano “B”, necessario non soltanto in aviazione, ma in tutte le azioni del nostro vivere quotidiano.

E' sempre una buona abitudine fissarsi dei limiti oltre i quali non procedere se l'aspettativa prevista non si è concretizzata, e quindi raggiunti i quali, anzi possibilmente prima che si raggiungano, porre in atto la deviazione verso l'alternativa che già è stata scelta in fase di pianificazione. Una buona pianificazione infatti è la chiave del successo in ogni operazione in cui le variabili in gioco sono tantissime.

Durante la preparazione di un volo, per chi non lo sapesse, si sceglie sempre un aeroporto definito "alternato" (dall'inglese "alternate", anche se "alternativo" in italiano suonerebbe meglio) verso il quale ci si dirigerà se alla destinazione finale le condizioni non sono soddisfacenti, come in caso di temporali, nebbia o piste chiuse per qualsiasi motivo.

Un'ulteriore regola per aumentare la sicurezza è che in ogni caso l'aereo dovrà atterrare sempre con almeno un quantitativo minimo di carburante prefissato altrimenti, cioè se si prevede di atterrare con meno di tale quantità, scatta l'emergenza e allora lo scenario cambia drasticamente.

Sono tanti i fattori che stimolano i piloti a infrangere queste regole, che in realtà possono apparire piuttosto semplici, e a forzarli ad atterrare intaccando la riserva quando basterebbe appunto dirigersi all'alternato per non correre alcun rischio, nel rispetto della normativa e della sicurezza. Però noi piloti siamo umani, e come tutti veniamo sottoposti a pressioni di varia natura che riducono le nostre capacità di ragionamento.

Ecco perché l'addestramento degli equipaggi è ricorrente e approfondito, per imparare a non farci sopraffare da influenze esterne, avere sempre il controllo della situazione ed essere in grado di mantenere la mente libera per prendere le decisioni migliori.

Uno degli elementi che incide in maniera maggiore contro la decisione di deviare all'aeroporto alternato è dato dal fatto che a noi piloti, in fondo, non succede molto di frequente, quindi mentalmente siamo poco abituati all'idea di rompere la routine del volo pianificato con qualcosa che ci porterà a degli scenari inconsueti: nuova rotta, prima volta in un certo aeroporto, dove parcheggiamo? Ma avremo assistenza per i passeggeri? E se non riusciamo più a ripartire dove li mettiamo a dormire?

Non crediate che sia facile. Se l'aeroporto alternato è uno scalo regolare, in genere non ci sono grossi problemi, ma se si è costretti ad atterrare in uno in cui la compagnia non opera, magari con un aereo che trasporta quattro o cinquecento passeggeri, vi assicuro che la decisione non è certo facile da prendere.

Poi c'è anche da considerare l'effetto “macho”, quel senso d'invincibilità sentita da alcuni piloti per cui non esiste condizione di tempo brutto tale da impedire loro di mostrare quanto siano bravi, soprattutto se gli altri aerei stanno atterrando, della serie: “Se lo fanno gli altri lo faccio anche io... e pure meglio!” Una caratteristica questa, più dei paesi, di chi vede un'eventuale riattaccata come segno di demerito per non essere riuscito a portare a compimento la missione assegnata (la riattaccata è quella manovra in cui l'aereo, prossimo all'atterraggio, incrementa nuovamente la spinta dei motori e si riporta in volo).

Un caso a parte, ma pur sempre importante per le eventuali ripercussioni sulla sicurezza, è invece rappresentato dalle pressioni aziendali, cioè da quei comportamenti messi in atto da alcune compagnie che non vedono di buon occhio chi decide di non atterrare alla destinazione portando aereo e passeggeri altrove. In questi casi i costi aggiuntivi per le compagnie sono ovvi, ma è altrettanto ovvio che un incidente dovuto all'esaurimento del carburante in volo costerebbe decisamente di più.

Farlo capire a certi manager è impossibile (come un'infinità di altre cose!), quelli che poi convocano i piloti in ufficio per chiedere spiegazioni impossibili, un fatto grave che fa da deterrente per le volte successive, con le conseguenze che possiamo immaginare.

Avere un piano “B” e decidere di attuarlo non è mai una vergogna, ma un segno di alta professionalità, perché l'obiettivo del volo è prima di tutto atterrare in sicurezza, “dove” è secondario, se poi coincide con la destinazione meglio, ma non sempre è possibile.

Questo atteggiamento, se preso come un'abitudine in ogni attività che svolgiamo, da quando guidiamo l'auto a quando prepariamo la cena (mi cade la pasta per terra… ordino una pizza, ma devo avere il numero a portata di mano) ci permette di affrontare ogni situazione con maggiore serenità, pur senza bisogno di raggiungere i livelli dell’indimenticabile Furio di Carlo Verdone!

E se da Fiumicino si cerca un alternato c'è Napoli a due passi dove la pizza è buonissima e di sicuro farà felici tutti, passeggeri compresi. Ve lo dice il sottoscritto che di questi tempi se va all'alternato al massimo rimedia un piatto di noodles e un pugno di riso.

(15 novembre 2017)

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