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Un anno su cui riflettere - I

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I - Questo pezzo, avrei voluto intitolarlo: “un anno da dimenticare”. Poi ci ho ripensato, perché credo che questo 2018 appena finito debba viceversa restare ben impresso nella memoria degli operatori aeronautici e possa servire da lezione per capire cosa stia andando storto nel mondo dell’aviazione commerciale.


Il 2017 è stato l’anno con meno incidenti di sempre e si è iniziato a celebrarlo come l’anno di svolta per la sicurezza volo. Poi, arrivato il 2018, il sogno si è infranto rapidamente con l’aumento progressivo del numero di fatalità durante il corso dell’anno, fino al drammatico incidente della Lion Air di ottobre quando 189 persone hanno perso la vita in un B737 nuovo di fabbrica precipitato in mare poco dopo il decollo.

Sebbene l’argomento meriti di essere analizzato dagli specialisti per capire le cause di questa tragica inversione di tendenza e trovare i rimedi necessari affinché simili incidenti non si ripetano, le mie riflessioni di inizio anno si rivolgono a un’altra serie di eventi nefasti che sta mettendo in discussione la crescita esponenziale del settore aereo per il prossimo futuro: la cessazione delle attività di tantissime compagnie aeree nel mondo.

Da appassionato di aviazione e operatore diretto mi trovo spesso confuso di fronte alle contraddittorie statistiche circa l’espansione del trasporto aereo. Da una parte leggiamo che i produttori di aerei continuano a ricevere ordini per centinaia di velivoli per far fronte all’inarrestabile aumento del numero dei passeggeri e che di conseguenza ci sarà bisogno presto di migliaia di nuovi piloti, come spesso pubblicizzato da scuole di volo e agenzie di collocamento. Dall’altra assistiamo a una continua riduzione delle condizioni contrattuali per i piloti e soprattutto a una profonda crisi delle compagnie aeree per cui, solo in Europa, abbiamo visto Small Planet, Primera Air, Privat Air e la belga Vlm Airlines cessare le operazioni, Wow Air ridurre drasticamente il personale da un giorno all’altro e Norwegian che ha dovuto sospendere le assunzioni dei nuovi piloti con corsi già programmati.

Nel resto del mondo la situazione non è migliore. In Medio Oriente Etihad, schiacciata dai due colossi vicini Qatar e Emirates e provata dalla fallimentare esperienza in Europa finita con l’abbandono di Alitalia e la chiusura di Air Berlin nell’ottobre del 2017, è impegnata in una pesante riorganizzazione interna per rimanere competitiva.

In Asia il gruppo Hainan è in serie difficoltà con le sue due compagnie di proprietà basate a Hong Kong, indebitate per milioni di dollari, mentre Cathay ha intrapreso una lunga e laboriosa fase di ristrutturazione nel tentativo di tornare ad avere utili che include un nuovo contratto ribassato per chi verrà assunto nel 2019.

In America si registra la bancarotta di Avianca Brasil, mentre la riduzione dei profitti per il 2019, annunciata da American Airlines, ha fatto già perdere valore alle sue azioni e a quelle di altre importanti compagnie aeree statunitensi.

Se fosse vero che stiamo assistendo a un periodo storico caratterizzato da una mancanza di personale qualificato, non si capisce il motivo per cui le condizioni contrattuali invece di migliorare stiano offrendo sempre meno agli aspiranti piloti, in opposizione alla legge sulla domanda e l’offerta che regola qualsiasi tipo di mercato.

Di contro, la chiusura progressiva di così tante compagnie aeree continua a immettere nel mercato centinaia di piloti in cerca di una veloce occupazione... (continua)

(16 gennaio 2019)


 

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