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Esiste un futuro per il sindacato dei piloti?

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Esiste un futuro per il sindacato dei piloti?
Alcune prospettive
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Mentre altri articoli qui pubblicati si occupano della rappresentatività dei piloti come categoria produttiva o come “lavoratori”, io vorrei tentare una proiezione nel futuro basandomi sull’analisi di alcuni fatti epocali che hanno segnato la storia del sindacato dei piloti ma più in generale del “movimento dei lavoratori”.

Fatti, risultati e momenti politici indissolubilmente legati ai sentimenti ed alle scelte dettate sia dai tempi sia dalle strategie elaborate dai rappresentanti della categoria e del mondo economico e sociale di quel dato momento.

Io mi riferisco sempre ad uno spartiacque, vale a dire al “nulla sarà più come prima”, costituito da due fatti epocali nel mondo del trasporto aereo: lo sciopero del PATCO (1981 a cui seguirono fallimenti a catena di compagnie aeree come People Express, Eastern, Braniff ecc.) statunitense e dei Piloti australiani dell’AFAP (1989-1990).

Altri due episodi della stessa valenza costituiscono fonte di insegnamento e lascito non trascurabile per la realtà italiana: lo sciopero di “Aquila Selvaggia” (‘78-‘81) e lo sciopero di 40 giorni del comitato di lotta degli assistenti di volo (‘79).

In tutti questi casi ci fu una disarticolazione totale delle rappresentanze sindacali e, nei due casi americano e australiano, addirittura condanne civili e penali pesantissime.

Sarà interessante approfondire, in altra parte del sito, la storia di questi fatti, ma in questa sede è sufficiente trattare dei risultati raggiunti.

Intanto appare chiaro che di questi fatti si è persa in pratica la memoria, di più, non si è fatto il minimo sforzo di trarre insegnamenti analizzando errori e strategie messe in campo in quei tempi. Questo ha permesso il ripetersi di errori madornali e la mancata elaborazione di strategie in un qualche modo prefiguranti sviluppi possibili.

Oggi i piloti italiani si trovano azzerati e senza idee per affrontare una congiuntura durissima. Chi ancora ha la responsabilità di rappresentare i propri colleghi deve combattere con la metà dei piloti Alitalia fuori produzione ed in una situazione economica di recessione e di eccesso di offerta. Ormai non si tratta più di scelte banali come decidere se essere un sindacato rivendicativo o concertativo: oggi la problematica si è spostata sull’interrogativo di come curare gli interessi degli iscritti e più in generale della categoria che s’intende rappresentare. Non ci sono più margini per discutere su come combattere, se con lo sciopero, l’agitazione ed in definitiva l’astensione dalla prestazione d’opera, o con lo sciopero “virtuale”. Pare ormai quasi obbligata la scelta della battaglia legale, della “class action”, mentre le misure classiche di lotta hanno ormai successo solo se estreme (sequestri o suicidi –minacciati o realizzati) e neanche sempre.

Poi c’è l’aspetto tecnologico, il mestiere è tra quelli che si confronta con le più avanzate tecnologie, e già oggi tra aerei pilotati da siti remoti e aerei automatici pare non essere più designato un futuro per il ruolo del pilota, almeno come lo conosciamo. L’evoluzione delle tecnologie nei trasporti ha già visto la scomparsa dei ragazzi degli ascensori e dei macchinisti sulle metropolitane, addirittura la maggior parte di quelle leggere che operano negli aeroporti sono automatiche. Viene da chiedersi come mai i piloti non osservino con orrore quelle macchine da trasporto senza pilota.



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