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La novella dello stento - II

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(segue) II – La “novella dello stento” di Alitalia riprende là dove la avevamo lasciata a fine 2017 con il nuovo termine del 10 gennaio per la “procedura concordata” messa in piedi con l’aiuto dell’advisor Rotschild. Ancora una volta sul tavolo dei commissari arrivano sette proposte, solo che a questo giro gli attori sono leggermente cambiati.


C’è sempre il fondo Cerberus, ma non come si era ipotizzato in qualità di testa di ponte di Delta Airlines, ma con una ipotesi di joint-venture con la partecipazione dello stato e dei dipendenti. E c’è sempre anche Delta, ma corre da sola. Anche EasyJet c’è, ma ora corre insieme ad un nuovo concorrente: il gruppo AirFrance-KLM, che già altre due volte aveva tentato la scalata ad Alitalia. Anche Lufthansa è della partita, ma mette subito in chiaro che è interessata solo ad una compagnia risanata e “dimagrita” di almeno 6000 posti di lavoro.

I commissari chiedono di presentare offerte vincolanti entro il 10 aprile 2018, ma nel frattempo ci sono le elezioni e il partito al governo viene sconfitto. Comunque sia, alla scadenza arrivano tre proposte. Una è di Lufthansa; la seconda di EasyJet, alla quale a vario titolo si ipotizza anche la partecipazione di Cerberus, AirFrance-Klm e Delta(che tra l’altro detiene il 10% del pacchetto azionario di AirFrance); e la terza è dell’outsider Wizz Air, una low cost ungherese in crescita.

La caduta del governo, con l’incertezza politica che ne segue, frena però gli entusiasmi dei compratori (che ancora una volta hanno presentato offerte condizionate, e non vincolanti), e in particolar modo di AirFrance, che da un analogo cambio di governo era già stata messa fuori corsa nel 2008.

In attesa che si formi un governo la procedura dunque si blocca. Non si bloccano, grazie al prestito-ponte, i voli e i commissari riescono comunque a compiere un buon lavoro, tagliando spese, rivedendo contratti di fornitura (e di assicurazione contro le oscillazioni del suo prezzo) del carburante, tessendo accordi commerciali e cominciando a mettere mano anche alla revisione di alcuni contratti di leasing particolarmente onerosi, cosa obbiettivamente difficile, vista la situazione di debolezza in cui Alitalia versa.

A fine maggio nasce il governo Lega-M5S, e subito si annunciano “brillanti soluzioni” per Alitalia che, come dichiara il nuovo ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, avrebbe “fior di pretendenti”. Un tasto sul quale il nuovo governo batte forte da subito è quello della partecipazione statale, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, che però fa notare che una partecipazione del genere non è esattamente rispondente ai suoi fini istituzionali.

Il governo tira avanti, coinvolgendo da luglio anche Ferrovie dello Stato, e operando a più riprese un pressing abbastanza pesante su Poste Italiane, Fincantieri, Leonardo, ENI e Fintecna, che comunque a vario titolo finiscono con il defilarsi. E’ possibile che ci sia sfuggito qualche altro nome di soggetti istituzionali, nella girandola di dichiarazioni di Di Maio e Toninelli, il quale ad un certo punto arriva ad annunciare trionfalmente un interesse di Boeing ad entrare nella compagine azionistica di Alitalia… da Seattle gli fanno gentilmente notare che loro gli aerei li fabbricano e li vendono, ma ad entrare in una compagnia aerea non ci pensano neppure lontanamente.

Tanto attivismo “statale” ha però un primo effetto negativo: Lufthansa fa sapere di non essere minimamente interessata ad entrare in società con lo stato italiano, e abbandona le trattative. Ferrovie dello Stato invece va avanti, ma ha chiaramente bisogno di un partner industriale nel settore aviazione, e a questo punto la rosa si restringe a tre nomi: AirFrance, EasyJet e Delta. Sullo sfondo l’ombra del “convitato di pietra” Lufthansa, particolarmente temuto proprio dagli americani, che soffrono la sua concorrenza sulle rotte del nord Atlantico.

Nel tentativo di tagliar fuori definitivamente i tedeschi Delta si dice interessata ad un 20% di Alitalia, mentre un altro 20% lo prenderebbe AirFrance-KLM (partecipata, lo ricordiamo, proprio da Delta, ma la politica ci mette ancora una volta lo zampino, stavolta aprendo a febbraio uno scontro tra il governo Lega-M5S e il presidente Macron. I francesi si sfilano dall’affare, e un mese dopo anche EasyJet, comunque interessata solo ai voli continentali, annuncia il suo ritiro.

Nel frattempo Alitalia, a riprova del buon lavoro dei commissari e dei dipendenti si aggiudica (udite udite) la palma di compagnia più puntuale del mondo. Riconoscimento inaspettato e senz’altro prestigioso, ma che non basta a ravvivare l’interesse di Delta, che viceversa si raffredda un po’, dichiarando che la sua partecipazione al capitale azionario della newco dove dovranno confluire le attività redditizie di Alitalia (i debiti e le sofferenze resteranno alla bad company, destinata al fallimento) non supererà comunque il 10%. Le Ferrovie, per conto loro, annunciano la disponibilità a prendersi non più del 30%, mentre il governo ventila la possibilità di convertire in azioni il prestito-ponte: un operazione che, benché soggetta ad una istruttoria in sede comunitaria, porterebbe un altro 15%.

All’appello manca ancora quasi metà dei fondi richiesti (il 45%), e a forza di rinvii, rinnovi della cassa integrazione, e slittamenti siamo ormai arrivati ad aprile 2019: la “novella dello stento” riprenderà dopo Pasquetta...

(1° aprile 2019)


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