Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Un banalissimo bug - II

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

(segue) II – Un errore progettuale dunque, e non un banale bug informatico, sarebbe alla base dei due incidenti che hanno coinvolto altrettanti B-737 MAX e ne determinano la permanenza a terra ormai da molte settimane. O meglio, secondo molti, una lunga serie di carenze progettuali che hanno finito con lo sfociare in tragedia.


Sì, perché il problema dello stabilizzatore che “impazzisce” e spinge l’aereo verso terra non è nuovo, tanto che come abbiamo visto esiste da tempo una check-list, la runaway stabilizer, le cui prime voci sono da imparare a memoria (memory item) perché anche il minimo ritardo rende difficoltosa la manovra di ristabilimento delle normali condizioni di volo.

Per inquadrare meglio il problema sarà opportuno ricordare che i piloti delle prime due serie di B-737 (la -100 e la -200) avevano affibbiato diversi soprannomi al nuovo aereo: il “maialino” lo chiamavano, riferendosi alla sua linea un po’ tozza, che però garantiva una sezione di fusoliera in grado di assicurare una maggiore abitabilità rispetto ai modelli della concorrenza; ma usavano anche l’acronimo FLUF, Fat Liar Ugly Fucker, e cioè Grasso Bugiardo Brutto Traditore, dove Bugiardo e Traditore (la traduzione è eufemistica) si riferivano alla pessima manovrabilità dell’aereo, soprattutto alle basse velocità.

Già in queste prime serie furono via via incorporate delle soluzioni che, soprattutto per la serie -200 che era stata anche allungata, includevano il sovradimensionamento dello stabilizzatore, e ben presto ci si accorse che in caso di runaway stabilizer, una volta esclusa l’alimentazione elettrica dello stesso, diventava quasi impossibile ricondurre l’aereo alle condizioni normali con l’utilizzo dei soli comandi manuali, azionati tramite due “ruote” poste ai lati della piantana centrale della cabina di pilotaggio.

In pratica, quando uno dei piloti, dopo aver agito sugli interruttori di alimentazione del motore che aziona lo stabilizzatore, contrastava la tendenza a picchiare tirando la cloche, l’altro non riusciva ad azionare il comando manuale del trim perché le forze aerodinamiche glielo impedivano. Per ovviare a questo problema veniva suggerita la manovra detta del roller coaster, l’otto volante, che consisteva nel cabrare quanto bastava a far diminuire un po’ la velocità per poi lasciare libero l’aereo di abbassare il muso senza più agire sulla cloche: nel breve periodo di tempo a disposizione prima che la velocità aumentasse nuovamente si poteva agire sul comando manuale, poi si ricominciava a cabrare per rallentare, e via così fino a recuperare il controllo dell’aereo… il tutto, secondo i ricordi di chi queste manovre affrontava dentro a un simulatore, poteva comportare perdite di quota anche di 7000 piedi.

Di qui l’importanza di intervenire con la massima tempestività, e l’introduzione dei cosiddetti memory item nella Runaway Stabilizer NonNormal Checklist.

Con le serie successive, dalla -300 alla -500, entrate in produzione alla metà degli anni ‘80 e denominate Classic, i miglioramenti aerodinamici fanno passare in secondo piano questo problema, mentre si manifesta un’altra limitazione progettuale: i nuovi motori sono troppo voluminosi e la loro presa d’aria, per evitare di entrare in contatto col suolo in caso di atterraggio col vento al traverso, viene modificata assumendo un curioso, e caratteristico, aspetto ovale. Vengono anche leggermente spostati in avanti, sempre allo scopo di allontanarli da terra, cosa che tra l’altro li rende meno inclini a risucchiare corpi estranei durante le manovre a terra.

Dieci anni più tardi è la volta delle cosiddette NG, Next Generation. Le serie -600, -700, -800 e -900 sono nettamente più grandi delle precedenti. Dispongono dunque di un’ala nuova, con apertura maggiore, piani di coda ridisegnati, motori più potenti e, siamo ormai alla fine del millennio scorso,  impianti elettronici di gestione del volo, i famosi FMS, molto perfezionati.

E in un cockpit sempre più affollato di avionica, per fare posto ai due quadretti di controllo degli FMS, che sono situati accanto alle ginocchia dei piloti nella piantana centrale, viene ridotto il diametro delle famose “ruote” che comandano manualmente il trim. Di runaway stabilizer, nel corso degli anni, se ne sono visti fortunatamente davvero pochi e senza grosse conseguenze, tanto che anche la loro pratica nell’addestramento e nel riaddestramento dei piloti è passata in secondo piano: le manovre da apprendere e rivedere periodicamente sono molte, e il nuovo verbo del “risparmio a tutti i costi” sta pian piano arrivando a ridurre le ore passate annualmente dentro a un simulatore al minimo indispensabile per legge.

In questa situazione si arriva al nuovo millennio, e alla Boeing ci si rende conto che ormai il B-737 è probabilmente arrivato al limite delle sue capacità di sviluppo, tanto che si comincia a parlare di un aereo nuovo, completamente ridisegnato from the scratch, e il progetto ha già anche un nome interno, Boeing Y1.

Dovrebbe vedere la luce dopo il B-787, ma riprogettare da zero un aereo richiede tempo, e la concorrenza di Airbus non concede tregua: il progetto di rimotorizzazione e perfezionamento della fortunata serie degli A-320 è già molto avanti, e c’è il rischio di perdere una bella fetta di mercato.

E poi c’è un grosso problema di costi: per il produttore, come è naturale, ma anche per i potenziali clienti, perché un aereo completamente nuovo ha ovviamente bisogno di tempi di addestramento più lunghi rispetto a quelli richiesti per “passare” da una serie a quella successiva di un aereo che basicamente rimane lo stesso.

Il Boeing Y1 cade nel dimenticatoio, e si comincia a lavorare ad un ulteriore miglioramento del B-737: la serie MAX. (continua)

(28 maggio 2019)

 

RSS
RSS